giovedì 12 luglio 2012
«Allora le auguro dal profondo del cuore di ritrovare il senso dell'angoscia davanti alla morte del sole. Lo auguro a tutto l'Occidente, con tutta l'anima».Cheikh Hamidou Kane è uno dei grandi scrittori africani affermatisi negli anni Sessanta, alla caduta del colonialismo. Nel suo capolavoro L'ambigua avventura un maestro nero, un sapiente in una comunità africana, si rivolge con le parole citate a un bianco, e l'augurio, in forma di invettiva, prosegue salendo di tono. È una delle più grandi esortazioni che la poesia abbia scritto all'uomo occidentale di oggi, a opera di un nero, in pieno e moderno Novecento. L'invettiva è un atto d'amore: auguro a tutti voi uomini d'Occidente di provare alla sera l'angoscia del tramonto, di sentire che il sole, in quegli istanti, s'inabissa nel mare e muore. Di sentirvi in sintonia con il creato, con la natura e il suo panico. Solo così, domattina, al risveglio, scoprirete la bellezza dell'alba e del mattino, lo splendore della luce e della vita albare. Anestetizzati dal monopolio di un totalitario pensiero logico-scientifico, insuperbiti da un presunto dominio sulla natura, ci accorgiamo del suo mistero solo quando un terremoto rade al suolo un'isola, o una città. Apatia, causata da presunzione, e il palpito della vita ci sfugge, e va recuperato: la concretezza quotidiana del divino.
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