Siti «boccia» Zanzotto, Eliot, Apollinaire... Ma almeno parla chiaro
venerdì 16 ottobre 2015
Sarà che mi piacciono le antologie come strumenti d'uso, sarà che le poesie mi attirano per la loro concentrazione e maneggevolezza, ma sono convinto che quest'anno uno dei migliori e più utili libri in circolazione, che consiglierei senza riserve, è proprio un'antologia poetica: La voce verticale. 52 liriche per un anno (Rizzoli) di Walter Siti. Il volume raccoglie le pagine che nel corso del 2014 lo scrittore e critico ha dedicato settimanalmente su Repubblica ai suoi poeti preferiti. Concluso l'anno con le sue 52 settimane, Siti si è accorto di avere almeno cinque rimpianti: aveva tralasciato Bertolt Brecht, Sylvia Plath, Jorge Luis Borges, Boris Pasternak, Stéphane Mallarmé. Più tardi, come scrive nella prefazione al libro, i rimpianti sono aumentati: mancavano anche Wordsworth, Li Po, Celan, Scève, Catullo, Whitman, Seferis, Hopkins, Rumi, Holan. Nonchè molti, forse troppi italiani: Jacopone e Metastasio, Carlo Porta e Delio Tessa, Gozzano e Saba, Caproni, Bertolucci, Sereni, la Cavalli, la Valduga... Il guaio, o meglio la cosa interessante, è che dichiarando i suoi rimpianti Siti non fa che sottolineare la sua indifferenza o quasi per molti altri poeti da lui ignorati ma neppure rimpianti: per esempio Giudici e Zanzotto, Eliot e Dylan Thomas, Majakovskij, Apollinaire, Quevedo, Shelley... Fra gli italiani delle ultime generazioni, Siti sceglie solo Milo De Angelis: non obietto, mi meraviglio e mi chiedo perché. Ma il gusto conta e ogni critico deve avere il suo, per quanto discutibile. Questo gioco delle assenze sarebbe fatuo e inopportuno se non fosse che è lo stesso Siti a enunciare un principio che soprattutto oggi dovrebbe essere ripetuto come un mantra: «Più ancora di ogni altro genere letterario, la poesia esige il giudizio di valore: ferme restando le oscillazioni personali e storiche del gusto». Insomma, senza scelte di gusto e capacità di valutazione, tutti i testi in cui si va a capo sarebbero poesie. In effetti è quello che oggi accade. Al punto che una sufficiente educazione alla scelta e al gusto manca perfino nei critici e negli studiosi, che si sono trasformati in archivisti e schedatori al servizio delle maggiori case editrici. Poeti pessimi e insulsi non-poeti passano ormai per autori indiscutibili. Siti, per fortuna, non è indulgente. La crudele lucidità del narratore e una straordinaria competenza di studioso fanno di lui, oggi, uno dei rari critici che vedono e parlano chiaro.
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