mercoledì 25 settembre 2013
«Non c'è cura o terapia capace di trasformare un gay in etero, esattamente come non c'è cura o terapia che potrebbe far diventare omosessuale chi non lo è»! Sicura, Elena Tebano ("Corsera", 21/9, p. 59) con la sua "intemerata" che accusa «la metà degli psicologi italiani disposta ad aiutare un paziente gay a "cambiare" il suo orientamento». Il vero problema, invece, è l'omofobia, anche degli psicologi, e la vera domanda non è «come mai (uno) è diventato omosessuale», ma «perché sente sbagliata la sua omosessualità», ed è domanda che va rivolta «all'intera società»! Leggi e a prima vista, con un po' di malignità, pensi a un tentativo di moltiplicare all'inverosimile i pazienti in cura psichiatrica, dai suoi amici, l'altra "metà" de «l'intera società»! Poi però ti permetti di ricordare che hai conosciuto persone concrete che si pensavano e vivevano da gay, anche con drammi e rischi tremendi annessi per tante ragioni obiettive, e poi con l'aiuto di psicologi seri, per nulla bigotti e fraternamente accompagnatori hanno "mutato" totalmente: moglie e figli compresi in arrivo. A scuola, inizio anni 70, ebbi tra gli alunni D. G., uno dei primi, forse il primo gay non illustre che si è dichiarato tale pubblicamente: siamo stati e siamo rimasti amici. Verso la metà degli stessi anni 70 ad Agàpe, in Piemonte, presso la comunità valdese, presi parte al primo incontro interconfessionale sul tema di omosessualità e fede cristiana: il padrone di casa era il pastore Ermanno Genre… E allora? Allora nessuna pretesa di conversioni a U o di passaggi su frontiere opposte, ma la collega Tebano si faccia venire qualche piccolo dubbio: per carità, vero e laico… Non era forse il dubbio, una volta, segno autentico di vera laicità?
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