martedì 15 dicembre 2020
Due documenti del Parlamento europeo, approvati a distanza di 48 ore l'uno dall'altro. Due risoluzioni su temi di grande impatto sociale e di forte valenza antropologica: il primo sulla “riduzione delle percentuali di senzatetto nella Ue”, il secondo sul “diritto all'aborto in Polonia”. L'assemblea di Strasburgo, durante la sessione di fine novembre, ha votato entrambi i testi: a maggioranza larghissima quello sugli “homeless” (647 sì, 13 no e 32 astenuti), con un ampio ma più contrastato consenso quello sull'aborto polacco (455 favorevoli, 145 contrari e 71 astenuti).
La platea degli eurodeputati era la stessa ma, a leggere le due risoluzioni, si ha come un'impressione di sdoppiamento, sembra di trovarsi di fronte a un consesso che cambia improvvisamente umore. Si parla in entrambi i casi di “diritti”, ma con toni molto diversi, che fanno riflettere sul grado di sensibilità alle due questioni affrontate. Colpisce poi il ricorso all'espressione “diritti umani”, citata in forma compassata, poco più che notarile, riguardo ai senzatetto, ma ribadita più volte, quasi ad alta voce, malgrado l'espressione in questo caso sia contestabile e contestata, nei confronti dell'interruzione di gravidanza.
Gli estensori del primo documento non si nascondono che la mancanza di un'abitazione è un dramma sociale sempre più grave, che coinvolge oltre 4 milioni di cittadini dell'Unione (quasi uno su cento), che ha registrato una crescita del 70 per cento negli ultimi dieci anni, che l'emergenza della pandemia da Covid-19 ne sta aggravando lo scenario e ancor più lo farà nei prossimi mesi, quando le sue conseguenze economiche si faranno più pesanti.
Nonostante ciò, a parte esprimere la “sua più profonda preoccupazione”, l'aula di Strasburgo è prodiga di inviti e raccomandazioni abbastanza generici. Indica l'obiettivo per Commissione e Stati membri di risolvere entro il 2030 il problema degli alloggi per chi ne è privo, evitando di ricordare che l'identica richiesta era stata fatta nel 2011 con l'esortazione a chiudere il dossier entro il 2015 (!) e che nel 2014 un'ulteriore risoluzione era stata approvata con dentro una vera e propria “strategia” comunitaria da seguire per i senzatetto. Evidentemente rimasta del tutto inattuata.
Si ricorre ad accenti ben più duri invece, con giudizi molto netti ed espliciti e con inviti perentori agli organi esecutivi di Bruxelles, affinché si agisca al più presto contro il governo e la corte costituzionale di Varsavia, che hanno ristretto di recente la possibilità di interrompere la gravidanza per le donne polacche. Nel lungo documento, una vera e propria requisitoria, per cinque volte si “condanna”, tre volte si “deplora”, una volta ci si rammarica e in altri tre casi si esprime “preoccupazione”.
È netta la sensazione che il “sentiment” degli eurodeputati sia frutto di un'impostazione più ideologica che umanitaria, capace di condizionare la cultura e la gerarchia dei valori nel vecchio continente. Perché nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, quello sull'abitazione è citato espressamente all'articolo 25, comma 1. Da nessuna parte si parla invece di aborto, mentre si nomina (comma 2 dello stesso articolo), il diritto “a speciali cure ed assistenza” per maternità e infanzia.
Curiosamente, infine, i testi sui senzatetto ricordano sempre che la competenza sulle politiche abitative resta dei singoli Stati e che quindi Bruxelles, in nome del principio di sussidiarietà, può solo svolgere un ruolo di coordinamento, stimolo e supporto finanziario. Lo stesso, almeno a norma del Trattato Ue vigente, vale per l'interruzione di gravidanza, ma questo la risoluzione dell'Eurocamera “bifronte” non lo dice.
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