giovedì 22 dicembre 2016
Brevità e chiarezza delle leggi e dei testi normativi vanno di pari passo. Si ricorda sovente che Montesquieu e Rousseau, tanto diversi e lontani per formazione culturale ed esperienza di vita, concordassero su pochissimi assunti e che uno di questi fosse proprio quello della brevità e chiarezza delle leggi.
E gli atti processuali (sentenze, ordinanze, ma anche ricorsi e atti di parte)?
Anche per essi si pone un problema di sinteticità e chiarezza, se è vero che da tempo si insiste sul nesso tra durata dei processi e dimensione degli atti prodotti nel corso di essi. La sintesi che si raccomanda (o prescrive) alle parti e al giudice va nella stessa direzione della semplificazione procedurale: un processo che si sviluppa attraverso atti più brevi e concisi impiega meno tempo per arrivare alla conclusione. Il buon legislatore, attento alla qualità dei propri prodotti, aiuta in questo cammino, ma il sistema giustizia ha gli strumenti per auto-aiutarsi.
In questi giorni, il Ministero della giustizia ha trasmesso al Csm la relazione finale del "Gruppo di lavoro sulla sinteticità degli atti processuali".
Il documento interessa anche e soprattutto sotto il profilo culturale e metodologico. La sinteticità non equivale a chiarezza, ma è funzionale a questa: "la chiarezza dello stile è causa ed effetto della chiarezza del pensiero. E il pensiero giuridico, per sua natura, dovrebbe essere un pensiero chiaro". Un atto prolisso è spesso sintomo di un ragionamento poco perspicuo, nelle cui pieghe possono più facilmente annidarsi tentativi di sfruttare la complessità dell'ordinamento a beneficio di pretese poco meritevoli. Che infatti l'ordinamento sia complesso (e che dunque la sinteticità sia talvolta ardua da ottenere) è rilievo da non sottovalutare mai: quasi 40 anni fa, Vittorio Bachelet avvertiva che, pur ancora abituati agli schemi di una società stabile, tuttavia "siamo in una fase in cui ci troviamo a camminare su una ruota che gira". Il problema, allora, è come ridurre intelligentemente tale complessità.
Le proposte ministeriali verranno a gennaio all'attenzione del Csm, il quale già ora, nell'ambito delle valutazioni periodiche di professionalità, considera l'abilità di sintesi tra gli indicatori della capacità del magistrato: su questa strada si può utilmente proseguire, incentivando le buone pratiche e valorizzando la formazione linguistica.
Si ripete spesso che la giustizia è un bene prezioso, una risorsa limitata, che occorre utilizzare e rigenerare con responsabilità. Sinteticità e chiarezza possono allora essere una declinazione di quella sostenibilità che costituisce un connotato, sempre più pervasivo, del nostro tempo.
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