giovedì 3 dicembre 2009
«Fa ridere la dichiarazione di chi all'indomani della sentenza anticrocifissi sostiene che non si tratta di un voto contro la religione cristiana, ma solo contro un'illegittima ostentazione di privilegio. È un tentativo incredibile di spaccare il capello in quattro. In verità quella sentenza è frutto di una campagna cristianofoba, basata falsamente sulla definizione del crocifisso come simbolo di una rivendicazione di potere politico-religioso». Potrebbe essere una dichiarazione di fonte ecclesiale dopo la recente sentenza «europea», e su tanti nostri grandi giornali, quasi tutti, si scriverebbe che essa è frutto di un voluto malinteso clericale che pretende di continuare ad affermare un potere privilegiato che dietro il crocifisso persegue fini di concreti beni materiali " «la roba», si scriverebbe delicatamente " nella società, nella scuola e " perché no? " anche nella politica e nell'economia. «Potrebbe essere», ma non lo è. Infatti con qualche cambiamento («cristiamofoba» al posto dell'originario «islamofoba») è il testo iniziale di un articolo titolato «La miseria della democrazia» " sottotitolo «Libertà di culto» " che martedì "L'Unità" (p. 7) ha dedicato alla deplorazione del voto svizzero antiminareti. In esso lo scrittore Amara Lokhous addita «il frutto della campagna islamofoba dell'estrema destra» con «l'obiettivo fondamentale di colpire i 400.000 musulmani che vivono in Svizzera». Lo scrittore annota che quel voto islamofobo è stato criticato anche nella Chiesa cattolica. D'accordo. Con domanda: si può insieme applaudire il divieto di crocifisso e protestare per quello di minareto?
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