mercoledì 26 febbraio 2020
Thomas Molnar (1921–2010) si considerava allievo di Russell Kirk (1918–1994), autore di The conservative mind from Burke to Santayana (1987), che è un po’ la bibbia dei conservatori americani. E di Kirk è la presentazione di Il futuro della scuola, che Molnar pubblicò nel 1968 e che l’editrice Oaks ora rilancia (pagine 184, euro 15). Il primo libro di Molnar tradotto in italiano è Il declino dell’intellettuale, pubblicato nel 1965 dalle torinesi Edizioni Dell’Albero, dove Alfredo Cattabiani mosse i primi passi nel mondo dei libri sotto lo sguardo vigile di Augusto Del Noce, suo mentore, con Elémire Zolla, anche quando Cattabiani passò a dirigere le edizioni Rusconi. Nella presentazione del libro di Molnar, Russell Kirk stigmatizza «il pragmatismo alla Dewey, o strumentalismo – cioè, apprendimento attraverso l’esperienza», con l’utopia dell’adattamento della scuola alla società: «Adattamento: adattiamo il bambino, e tutto andrà bene. Questa è la politica dello struzzo». Come affermava Evelyn Waugh, «non ci potrebbe essere niente di peggio di un insegnante che adattasse i ragazzi al mondo moderno; perché il nostro ambiente è esso stesso disadattato». Se mi è concesso un po’ di name–dropping, ricorderò di aver conosciuto Russell Kirk nel 1991 nella villa briantea di Eugenio Corti. Kirk – con la bellissima moglie Annette, dai tratti fisiognomici indo–americani, con una grossa treccia nera–, era entusiasta del Cavallo rosso cortiano che aveva letto nella traduzione inglese, e riassunse per noi i caposaldi del proprio pensiero: fede nell’esistenza di un principio trascendente che riconduce anche i temi politici nell’alveo delle riflessioni di natura morale e religiosa (Kirk si era convertito al cattolicesimo nel 1964); l’amore per la verità e il mistero di una vita distinta dall’uniformità, dall’egualitarismo e dall’utilitarismo; la necessità di ordini e classi per il buon funzionamento di una società civile nella quale gli uomini sono uguali solo moralmente; la persuasione che proprietà e libertà siano diritti inscindibili. Era inevitabile che Russell Kirk condividesse l’afflato umanistico della pedagogia di Thomas Molnar, il quale registrava il divorzio tra scuola e cultura, deplorando che una delle mete principali del “nuovo” orientamento della scuola sia, con ogni evidenza, «l’integrazione dello studente nei processi di cultura di massa». Da qui «un’insistenza aggressiva sul concetto che i valori culturali devono essere “comunicabili” senza sforzo a tutti se aspirano a essere riconosciuti validi». Con le pesanti interferenze del mercato culturale che «si risolvono in una specie di danza rituale fra produttore e consumatore nella interzona di pubblicità e propaganda». Il libro di Molnar, oltre alla presentazione di Russell Kirk, ha una prefazione di Marco Cimmino, il quale lamenta «la catastrofica idea di istruzione–formazione, che ha sostituito quella di educazione», dimenticando «quello che dovrebbe essere il fondamento dell’educazione scolastica: la trasmissione della cultura e della civiltà. Non dei saperi: della cultura e della civiltà».
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