sabato 4 dicembre 2010
Apri la finestra: scende la neve e il paese cade nel silenzio, il tempo si ferma, ogni cosa ha un solo colore. Questi piccoli fiocchi impalpabili nascondono le bruttezze, le asperità, livellano le differenze. Tutti sono uguali sotto la neve e un senso di pace e di attesa è sul viso degli anziani, un grido di gioia sulla bocca dei bambini. Chi lavora pensa al fastidio di calzare scarpe pesanti, di mettere le gomme da neve alla macchina, di trovare l'ombrello più grande per ripararsi. Il paese si alza e si muove lentamente, le voci hanno un tono più basso quasi per non rompere quell'incanto fatto di luce e di freddo. Così per poco, poi la vita riprende con i suoi ritmi appena più lenti del solito. I paesi della neve stanno preparando gli alberi di Natale, li trovano nei boschi e faticano un po' a trasportarli fino a casa. I paesi del sole li comperano lungo le strade dove sono già esposti in lunghe file o accatastati gli uni sugli altri dove si è perduto il profumo di resina. Ma sono gli alberi finti, quelli ricostruiti con materie plastiche, che sono i più venduti, soprattutto quelli già pronti con le palle colorate, i fili d'argento o d'oro, solo le luci da accendere e tutto sarà fatto con la minima fatica. Dove abbiamo perduto l'incanto sottile che prendeva l'animo davanti a un abete vero, dove le noci erano state dorate dalle mani della nonna, i fiocchi rossi presi da una vecchia scatola, le stelle ritagliate dalla carta stagnola che si muovevano appena qualcuno entrava nella stanza? Passano gli angeli " diceva la mamma " e la musica di un grammofono nascosto faceva sospirare di un misto di incanto e di paura i bambini in attesa. Gesù Bambino raccontava la sua storia, lì fra i pastori, le pecore, un ruscello d'argento. La neve cadeva fuori della finestra e dava luce alla notte più bella del mondo. Com'è difficile oggi spiegare il Natale a un bambino che lo vede illustrato con i colori di un carnevale chiassoso che non ha niente di reale e di vissuto in un tempo lontano. È diventata una festa di tutti, di chi crede e di chi non ha fede, dove i presepi diventano teatro di un fatto di storia antica e gli alberi troppo ricchi di colori non fanno neppure allegria, ma lasciano un senso di mestizia come di una innocenza perduta. Le profezie dell'Avvento sono lasciate ai frati, a qualche modesto gruppo che frequenta le parrocchie. Dove sono rimaste le nostre giovani voci che cantavano in latino l'attesa del Signore? O forse noi che viviamo nelle grandi città non le sentiamo più perché sommerse dal rumore implacabile del nostro progresso che non ci dà respiro. È mattino. Il vento ha spolverato il cielo e spostato le nuvole più in là. Escono le carrozzine dei bambini a prendere il sole. Incontro una giovane mamma che trascina il carrello della spesa, con l'altra mano tiene l'ombrello ancora bagnato di pioggia e in un piccolo sacco legato al seno ha un bambino che dorme. Ha un mezzo sorriso sul viso, lei porta il suo Gesù Bambino.
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