venerdì 3 aprile 2009
Benedetto Trap. Acqua santa a parte, gli dobbiamo un "grazie" per averci rivelato - con l'impegno generoso della sua onesta truppa - i vistosi limiti della nostra supponente Nazionale.
Ho ancora negli occhi le fasi cruciali del bombardamento cui l'altra sera l'Irlanda trapattoniana ha sottoposto la Nazionale lippiana e mi chiedo a chi assegnare la palma d'oro del "catenaccio". Risposta facile: non al settantenne Giovannino che ha certo approfittato dell'avversario menomato, ma al suo oppositore, l'«orgogliante» (mi passate il connubio fra orgoglioso e arrogante?) Marcello che ha ridotto il match di Bari all'episodio del rosso a Pazzini (ho sentito dire mille volte che l'arbitro è stato ingannato dal sangue che colava sul volto di O'Shea da un sopracciglio spaccato e mi son chiesto: miracolo o gomitata? Fate voi...).
Stavolta Lippi ha toppato, schierando una formazione modesta, ulteriormente indebolita dalla scelta di abbandonare a infelice solitudine l'ottimo Iaquinta dopo il bellissimo gol realizzato quando l'Italia era in dieci: quell'azione Pirlo-Grosso-Iaquinta-gol meritava più fede nel gioco e non la rinuncia al medesimo davanti a un avversario la cui miglior qualità era la voglia di battersi con intelligente energia.
La difesa del vantaggio, rivelata dalla sostituzione a inizio ripresa di Pirlo con Palombo, ha condannato la Nazionale ad esibire tutta la modestia dei giocatori innestati sull'impianto «mondiale», ridotto per l'occasione a una sorta di Maginot per contenere le sfuriate (!) di Stephen Hunt, Andrews e Keane finché questi (lo ricordate interista?) è andato in gol.
In quei frangenti, ho ripensato alla sincerità di Trapattoni quando ha detto - papale papale - che lui Cassano l'avrebbe fatto giocare. Perché all'Italia stava mancando proprio un elemento dotato di lucida fantasia.
Ma posso nominarlo, Cassano, e legare per un attimo al suo nome l'assenza di un tocco di classe, oppure Lippi ci vieterà, oltre alla citazione dell'Innominabile, altre osservazioni critiche? Chi mi legge sa quanto io stimi il Ct azzurro, per il quale mi sono vigorosamente battuto quando volevano togliergli la guida della Nazionale al Mondiale in Germania e il cui ritorno, al posto di Roberto Donadoni, ho salutato con soddisfazione: se oggi non gli passo la deludente prova di Bari, riecheggiante la penosa sconfitta subita in Inghilterra ad opera del Brasile, non compensata dalla vittoria sul povero Montenegro, è perché mi piacerebbe veder forgiata nei prossimi mesi un'Italia più bella e più forte che pria. E da lui, Marcello, pretenderei un atteggiamento più consono al ruolo, più aperto alla critica costruttiva, più sereno: più vicino al modello di Trapattoni. Ora come ora - con giornalisti e arbitri vittime dei suoi strali - Lippi mi sembra Mourinho.
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