sabato 19 maggio 2018
C'è la nobile arte del pugilato e poi ci sono dei nobili dell'arte prestati al calcio, come il portiere-pittore Ezio Sclavi. Un gatto tra i pali che nella stagione 1925-26 balzò dalla Lazio alla Juventus trovando però la porta sbarrata dal grande Combi. Una sola partita con la Vecchia Signora e ritorno alla Lazio, fino al debutto in Nazionale contro l'Ungheria. Quella convocazione però suscitò la critica feroce di Ennio Mantella sul “Littoriale” e il portiere accecato dall'ira se la prese con un altro giornalista, Eugenio Danese, schiaffeggiandolo. Danese, schermidore, chiese riparazione all'onta subita sfidandolo a duello: ma Sclavi, pur non avendo mai impugnato una spada, ebbe la meglio ferendolo al gomito. Passionale e romantico Sclavi nel triennio 1933-36 dipinge ed espone nelle più prestigiose gallerie di Roma, Milano e Parigi, entrando di diritto nella École de Rome assieme a Cavalli, Capogrossi e Cagli. Tra un allenamento e l'altro studia la “Pietà” di Michelangelo che sintetizza ne “Il calciatore ferito”. Eroico su ogni campo, anche di battaglia. Combatte nella guerra d'Etiopia e da prigioniero non smette di coltivare pittura e calcio (vinse tre campionati con club etiopi, «allenando e giocando centravanti»). Della campagna d'Etiopia restano i gol e la sua serie più esotica, “Giovane africano”.
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