domenica 24 giugno 2012
Mi dispiace per la brutta figura che ha fatto il senatore Ignazio Marino, chirurgo insigne, senatore e presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale, ma, quando reclama «una politica al passo con la scienza», una personalità come lui dovrebbe anche essere al passo con la conoscenza delle leggi. Compresa la legge 40 sulla fecondazione artificiale, che lui, tra altre norme, prende di mira come esempio di colpevole discordanza del nostro Paese. Su Italianieuropei, il mensile dell'omonima fondazione presieduta da Massimo D'Alema e di cui è membro, Marino conclude un suo saggio scrivendo: «La legge 40 è ipocrita laddove consente l'utilizzo di cellule staminali originate da embrioni umani, purché questi siano di provenienza estera». Spiacente, ma in questa legge e in nessun'altra c'è traccia di questo strano divieto, che costituisce, semmai, una prassi dell'Ue. L'onorevole chirurgo dimentica anche che la Corte europea di giustizia, su ricorso di Greenpeace (certamente non retriva) e in corrispondenza con un crescente orientamento delle istituzioni europee, ha sentenziato che l'embrione umano, anche se nel primo stadio monocellulare (ovulo appena fecondato), esige il rispetto della sua dignità di individuo umano. E si può aggiungere che 500 scienziati docenti universitari di diritto e di medicina hanno affermato, nel 2002, che quello stesso iniziale embrione «è un individuo umano» e che «non può esistere differenza tra concetto naturalistico-biologico di essere umano e concetto giuridico». Come dire: scienza, diritto e politica allo stesso passo.Meglio che muoia tuFa un po' "senso", come si usa dire, l'entusiasmo dei media per la conferma di una legge come quella dell'aborto che – la si guardi come si vuole – legalizza una morte procurata. Ecco i titoli del quotidiani di giovedì 21: «Ricorso bocciato, la 194 è salva» (Unità e Messaggero), «non si tocca» (Il Fatto e Repubblica), «è intoccabile» (Manifesto), «legge vecchia, ma necessaria» (Corriere della sera). Su Europa, quotidiano del Pd, Livia Turco spiega questa inviolabile sacralità laicista: la legge «è basata su un giusto equilibro tra la scelta della salute della donna e la tutela della vita». Come dire: muori tu, che io sto poco bene. Dato e non concesso che la gravidanza sia una malattia.Logica in crisiL'Aied (educazione demografica, cioè contraccezione e aborto) e l'Associazione Luca Coscioni (testamento biologico) chiedono (Il Sole 24 ore-Sanità) «la piena attuazione della legge sull'aborto», vale a dire che «l'obiezione non svuoti la 194». Tacciono però sull'art. 2 della stessa legge, che fa obbligo ai consultori di «contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione di gravidanza», che quasi nessuno rispetta. L'obiettivo vero, infatti, è cancellare il diritto di obiezione (previsto dall'art. 9) che, aggiunge Emma Bonino, sta diventando una «epidemia». «In gioco c'è un testa a testa inedito tra obiezione di coscienza e autodeterminazione». Eppure la logica vorrebbe che anche l'obiezione fosse considerata frutto di autodeterminazione. Ma la logica talvolta sembra scarseggiare tra i centonovantaquattristi.
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