venerdì 31 luglio 2009
Si può ironizzare fin che si vuole sulla generosita di Michael Schumacher, elencando le sue ricchezze, i suoi hobby miliardari, facendo passare la sua voglia di tornare alla guida della Ferrari come un altro inatteso incontro con la Gloria e il Denaro che lo rendano più' ricco, famoso e compiaciuto del successo che gli mancava nel suo nuovo ruolo di Uomo del Muretto nel regno del Cavallino; ma in realtà la sua decisione è qualcosa di più di un gesto generoso: è gratitudine. La Ferrari gli ha dato tutto, lui l'ha ricambiata abbondantemente, ma in fondo al cuore (ha un cuore, questo incredibile uomo-macchina) gli è rimasta la voglia di far qualcosa nel momento del bisogno. Prima è rientrato da consulente, oggi è pronto a sedersi alla guida della Rossa per sostituire il suo allievo-amico Felipe Massa, vittima di un colpo di sfortuna, e lo farà il 23 agosto nel Gran Premio d'Europa, a Valencia. Mi ha colpito, questo colpo di gratitudine, perché mi è parso un inatteso quanto straordinario omaggio a Enzo Ferrari, il padre fondatore, l'uomo che non credeva nella bontà degli uomini. Molto tempo fa, in uno dei tanti incontri che ebbi con il Commendatore a Fiorano, e si parlava molto di uomini e non di macchine, e io bevevo non solo il suo lambrusco, ma la sua saggezza, ebbi a dirgli di una
delusione che avevo patito ad opera di un allievo ingrato; e lui: «Mi diceva sempre mia madre: non far del bene se non sei in grado di sopportare l'ingratitudine». Il grande cinico attribuiva spesso alla madre le perle di saggezza che elargiva, tenendo per sè le sentenze sportive. Non a caso, mentre sociologi e moralisti predicavano le fraintese parole di Pierre de Coubertin - «L'importante è partecipare» - quando lo stesso Barone olimpico era profondamente convinto della necessità di partecipare per vincere; e ancora sostenevano il «valore della sconfitta» nello sport, Ferrari mi portò' facilmente dalla sua parte, là dove contava soprattutto la vittoria: «Il secondo è solo il primo degli ultimi», diceva sogghignando e scorrendo mentalmente l'elenco dei tanti "ultimi" che la Ferrari aveva collezionato dopo
la vittoria del ragionier Niki Lauda, molti dei quali - a suo dire - si erano dimostrati campioni d'ingratitudine. Quando insieme mettemmo mano all'edizione popolare del suo capolavoro, Piloti che gente, mandato finalmente in libreria dopo essere stato solo un prezioso gadget per amici e clienti, mi offrì la possibilità di approfondire la sua cinica filosofia. Ma sulla gratitudine mi consentì di non seguirlo: «Tanto lei, sangue romagnolo, ha sicuramente il virus della generosita». Rimpiango spesso la perdita del grande amico, oggi in particolare mi piacerebbe parlare con lui di questo ragazzo tedesco che per pura gratitudine si è rimangiato non una scelta sportiva ma una scelta di vita, tornando alla guida di una macchina che sta soffrendo in un drammatico torneo ove si nascondono mille difficoltà, rischi e paure. Ha ragione Montezemolo quando dice che «con Schumacher la Formula 1 si rivitalizza». Se ne è andato nel Ferragosto di ventun anni fa, il "Drake"di Maranello, e sono grato a Schumi di avermi dato l'opportunità di ricordarlo».
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