Schizzano i consumi di frutta e verdura
domenica 29 agosto 2021
Il caldo fa crescere il consumo di frutta e verdura in Italia. Buona notizia per i produttori che possono così contare su un mercato più vivace di prima, senza comunque perdere di vista la possibilità di vendere oltre confine. Condizione completamente differente, questa, da quella di altre aree economiche del Pianeta, alle prese, da sempre con situazioni produttive strutturalmente più complesse.
A rilevare il balzo in alto dei consumi di ortofrutta – +20% negli ultimi quindici giorni – è Coldiretti che in una nota spiega: «L'andamento positivo dei consumi oltre che dai cambiamenti climatici è spinto anche dalla svolta green nell'alimentazione impressa dall'emergenza Covid con una crescente attenzione al benessere a tavola con la preferenza accordata a cibi freschi, genuini e dietetici». Al di là delle cause, forse ancora tutte da individuare con precisione, e dei numeri, c'è poi la realtà indicata dal cambio delle modalità d'acquisto. Rimane in ogni caso il primato dell'Italia dell'ortofrutta. Il nostro Paese, viene fatto notare dai coltivatori, continua, a primeggiare a livello internazionale nella produzione di frutta e verdura anche se quest'anno i raccolti sono stati duramente colpiti dall'andamento climatico che ha provocato cali di produzione che vanno dal 30% per le ciliegie al 40% per le pesche e nettarine fino 50% per le albicocche. Senza dire delle mele, la cui raccolta è iniziata da poco, che potrebbero far registrare un taglio della produzione a poco più di 2 miliardi di chili per quello che è il frutto più consumato a livello nazionale, secondo l'analisi di Coldiretti su dati Prognosfruit.
Così, se da un lato lo Stivale agricolo rimane un forte produttore ortofrutticolo, dall'altro le condizioni della produzione rischiano di esporre il Paese ad importazioni più forti che in passato. Condizione comunque sempre notevolmente diversa da quella di altre economie più forti dal punto di vista generale ma che devono fare i conti con assetti produttivi agricoli strutturalmente molto diversi e assolutamente non competitivi. È il caso di quella del Giappone che proprio in tema di ortofrutta costituisce un mercato quasi inimmaginabile rispetto a quelli europei, con situazioni paradossali al limite dell'assurdo. Per capire, basta sapere che, come ha segnalato "Il fatto alimentare", in questo Paese una confezione con 15 ciliegie di prima qualità è stata venduta all'asta al prezzo di 450mila yen, pari a circa 3.400 euro (230 euro a pezzo). Quotazione ovviamente irraggiungibile da altre varietà e altri mercati, che, tuttavia, ha cause precise: da un lato la forte crescita della domanda per una ciliegia molto ricercata (la "Aomori Heartbeat"), dall'altro le specifiche condizioni nelle quali si svolge la produzione orticola giapponese, con pochissima terra, aziende piccolissime, un forte controllo del mercato e altissimi costi. Agricolture diverse, si diceva.
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