sabato 23 luglio 2022
Passano i tempi, ma la “fraternità” non si cancella, e allora anche oggi prete e confratello potrà essere per noi Girolamo Savonarola (1452-1498). Odore di “bruciato”? Molte sue parole erano bollenti: «Una volta li calici erano di legno, ma li prelati erano d'oro! Oggi li calici sono d'oro ma li prelati sono di legno!». E non mancava la lista dei nomi. Ferrarese di nascita (21/9/1452) Girolamo Maria Francesco Matteo: studi da medico, poi da letterato e infine, forse anche per un amore respinto dalla bella Laudomia, figlia di Roberto Strozzi, casa rivale dei Medici, nel 1475 a 23 anni entra nel Convento domenicano di San Domenico, a Bologna: vuol diventare medico delle anime. Nel 1482 lo mandano a Firenze, nel Convento di San Marco, oggi celebre per i dipinti del Beato Angelico. Due anni di studi e preghiere, poi la svolta: capisce che lo splendore per cultura, arte, scienza, ricchezza e invenzioni non vuol sempre dire rinnovamento spirituale ed evangelico, ma talora proprio il contrario. Ed ecco: annuncia la necessità di una "grande" riforma della Chiesa, e non ci va leggero in alto e in basso. E così a Firenze disturba tutti: lo mandano a Brescia, ma anche lì è un incendio. Tutti a spegnerlo, e per lui pare non ci sia più posto. E invece nel 1490 è lo stesso Lorenzo de' Medici che lo richiama a Firenze: vuole rinnovare la città, e la sua parola può servire. È accolto con gli onori di tutti di nuovo a San Marco, e l'anno dopo i confratelli lo fanno priore. Si placa? Al contrario: accentua il carattere profetico ed apocalittico della sua parola. I tempi cambiano: Lorenzo muore, a Firenze arrivano i francesi di Carlo VIII, Piero de' Medici è cacciato. Nel vuoto la gente si rivolge a lui come guida. Parte in missione totale e annuncia che Firenze è la città eletta da Dio, nuova Gerusalemme guida della la “nuova Roma” contrapposta alla Roma corrotta di un papa ove è arrivato al vertice Rodrigo Borgia, Alessandro VI. Roma “maestra”? Lui proclama la Repubblica di Firenze, ma ci mette a capo Cristo Re, con accanto il Consiglio Grande: democrazia moderata per la radicale riforma della Chiesa, “sconsacrata” dai vizi di un papa simoniaco, immorale, intrigante in politica e in finanza, succube dei disegni del figlio Cesare e della scostumata Lucrezia…In vista del Giubileo del 1500 lui annuncia che se non si cambia tutto arriverà il Giudizio di Dio, contro il Giuda traditore che ha preso il posto di Pietro. Tutto il mondo, allora, guardava all'Italia e a Roma nell'alba luminosa del Rinascimento in arrivo, ma lui tuona senza posa contro chierici e laici, contro corrotti e corruttori: scienza ed arte invece di elevare gli spiriti li corrompono, tornano i vizi pagani, anche nella casa di Dio: è la vittoria dell'egoismo e dell'immoralità, ed anche il baluardo di sempre, la Chiesa, è diventata terra del vizio…Lui non pesa le parole, i suoi seguaci non pesano gli atti tutti gli si mettono contro, e lui finisce stritolato tra i Medici tornati al potere e Alessandro VI che lo scomunica nel 1497: l'Anno Santo del 1500 con lui tra i piedi diventerebbe pericoloso. Catturato, imprigionato, processato, condannato a morte, impiccato e poi già cadavere bruciato. Le cronache scrivono di una morte cristiana esemplare, con tutti i conforti religiosi, e non è ironia. Era il 23 marzo del 1498, e il Giubileo del 1500 era davvero alle porte. Lui passò prima per una Porta Santa diversa. Qualcuno oggi pensa che la Chiesa, che lo ha riabilitato da tempo, si appresta a beatificarlo con solennità. Meglio tardi che mai. La realtà dice che ha già tanti devoti, e tanti monumenti sparsi nel mondo. Alla sua salute eterna e, con licenza parlando, alla faccia di papa Borgia…
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