martedì 6 gennaio 2015
«Sapere di Dio»: domenica (“Corsera. La Lettura”, p. 9) questo il logo della rubrica dal titolo: «L'Alta Corte e le barbare pretese». Si parla di un verdetto giudiziario, a Londra, a proposito di un contrasto tra marito e moglie in Bangladesh. Leggi, rileggi e ti chiedi cosa c'entri Dio. Infatti non c'entra nulla. Un «sapere» senza alcun sapore, con il sospetto di un ripetuto «dissapore» in certi scritti anche illustri. Nessun dissapore, invece, ma un po' di dispiacere – personale, credo anche condiviso da molti – nel leggere ancora una volta (“Messaggero” e “Mattino”) del Collegio dei cardinali chiamato «il Club più esclusivo del mondo». È colore, ma anche banalità troppo corrente, e per fortuna stessa firma e stessa pagina trovi questo titolo: «I nuovi cardinali della Chiesa globale». Già: questa è una Chiesa che ha l'apertura del mondo intero. E allora arrivano opportuni su “Corsera” e “Stampa” i due Andrea, Riccardi e Tornielli: «Per la Curia è tempo di riforme, più che di nomine», e «Più spazio alle periferie del mondo». Dio dunque, il Dio di Gesù («di» nel caso è genitivo epesegetico, e vuol dire «che è») «non è cattolico» – come hanno detto il cardinale Carlo Maria Martini e papa Francesco – perché Dio, molto di più che «cattolico» in senso confessionale, ma la Chiesa è e deve essere «cattolica», cioè universalmente aperta a tutto e a tutti i figli di Dio Creatore e Salvatore, come si è visto ieri nelle nomine dei nuovi cardinali. Spiace perciò a tale proposito, proprio in questi giorni, rileggere su qualche media che si definisce «cattolico» verticali anatemi e qualche tonante contorcimento come quello di chi – testuale! – ha scritto che se qualcuno fosse davvero convinto che Martini e Bergoglio abbiano detto che “Dio non è cattolico”, e su questo acconsentisse, allora è sicuro che avrebbe una «mente allucinata» (sic!).
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