venerdì 24 maggio 2019
Fanno rumore le storie di Alex, accolto e guarito quando a Londra si erano arresi, o di Alfie e Charlie, per i quali c'erano un letto e un'équipe pronti ma che l'Inghilterra purtroppo non "liberò". Assai meno è destinato a far notizia l'arrivo al Bambino Gesù – l'ospedale pediatrico "del Papa", ma che potrebbe essere ribattezzato "delle porte sempre aperte" – di quattro pazienti dal Venezuela, affetti da patologie gravi e per i quali nella disastrata situazione del Paese non c'era più speranza. Affetti da gravi patologie oncologiche, tre ragazzi fra i 13 e i 17 anni e una bambina di 10 hanno lasciato il loro Paese grazie a uno speciale visto sanitario, al supporto della Croce Rossa internazionale e soprattutto al cuore globale del polo ospedaliero romano che sotto la guida di Mariella Enoc da tempo ha puntato con decisione (e discrezione) a rendere disponibili le proprie eccellenze cliniche e terapeutiche anche a bambini di aree del mondo straziate da guerra, povertà, abbandono. Accanto ai quattro minori, un genitore e due infermiere volontarie a testa per un soggiorno che si annuncia lungo. Ma che al Bambino Gesù non è solo il tempo della cura, pur spesso risolutiva. Tra padiglioni e corsie, lo spirito evangelico del samaritano che soccorre generosamente lo sconosciuto trasforma infatti anche l'ambiente in terapia salvavita.
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