mercoledì 31 ottobre 2012
Nella Rete, di recente, è circolato un video. Una ragazza si affaccia dal finestrino di un treno per farsi riprendere dalla videocamera di un amico, o di un'amica, che assiste alla sua partenza. Scena classica della letteratura, due persone che si separano salutandosi a una stazione, e anche del cinema, dove treni e ferrovie sono presenti fin dai fratelli Lumière. Ma qui capita qualcosa di diverso. La ragazza si dona alla telecamera, si sporge dal finestrino facendo smorfie buffe, occupa tutto lo spazio dell'inquadratura. Non si accorge che sul binario accanto, alle sue spalle, arriva un treno: passa a un soffio dalla sua testa e rischia di decapitarla. Dentro le immagini che avrebbero dovuto fermare quel momento, di saluto allegro, o di allontanamento che tentava di non essere triste, fa irruzione la realtà, con la sua durezza, nella forma di un treno che procede inevitabile sui suoi binari, senza possibilità di scarto. I commenti rischierebbero di essere retorici. Mi limito a considerare questa "irruzione di realtà", al di là delle persone coinvolte e dei loro gesti del tutto quotidiani: come un'occasione per non dimenticarci dei nostri limiti (non scordarli può tramutarsi in un vantaggio) e come salutare distanza dai nostri vanitosi, per quanto ingenui, sogni.
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