sabato 27 giugno 2015
Infortuni sul lavoro e capriole. Eugenio Scalfari (“Espresso”, 25/6, p. 106, «E in edicola arrivò la rivoluzione») racconta: «Vent'anni fa nasceva L'Espresso». Rivoluzione vuol dire rovesciare qualcosa, e allora “l'Espresso” fu anche tale, ma capita che alla prima “rivoluzione” se ne aggiunga un'altra contraria e il tutto si annulla. Così non è rivoluzione meritoria pubblicare in anticipo un documento importante altrui (in bozza quasi definitiva), rompendo un patto sottoscritto liberamente. È rivoluzione di una rivoluzione come successo, sempre “Espresso”, per il testo della Laudato si': antilezione di giornalismo. Ancora: sempre lì (25/6, p. 102) una chiarissima lettera a firma Gianni Letta protesta perché il giornale «ha raccolto voci e insinuazione per altro già smentite». Nel caso la “rivoluzione” è solo triste ripetizione di falsità. Si dice eterogenesi. Succede in pagina varia, e così – senza offesa per l'illustre Autore – capita di leggere in “Cultura e Spettacoli” del “Corsera” (20/6, pp. 49-50) lo sterminato articolo di Emanuele Severino. Tesi ormai cinquantennale, oltre il celebre preannuncio della fine di Chiesa e cristianesimo: nulla cambia mai, tutto è fisso: «Se ogni cosa diventa eterna, anche la morte è impossibile». A te fa tornare in mente il discepolo allegro del filosofo Zenone che negava la stessa possibilità di ogni cambiamento e movimento: lui si alza e gli fa un giro attorno sorridendo, poi torna docilmente a sedere. Che la morte non sia l'ultima parola è una cosa da credere, eventualmente, che però sia «impossibile» pare «rivoluzione» di verità: doppia capriola con sorriso, ma rispettoso e cordiale. Nuova sorpresa! Stesso “Espresso” (25/6, pp. 38-41) colloquio di Alessandro Gilioli con Jeremy Rifkin sull'attualità dell'Enciclica: «Non è solo un grido d'allarme, è molto di più». Dopo il rovescio, serve per tornare al dritto.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI