sabato 19 ottobre 2013
«Più fatti, meno preghiere»: ("L'Espresso", 10/10, pp. 96-98) Adam Michnik, noto intellettuale polacco, con questo titolo si rivolge a papa Francesco per informarlo che «in Polonia abbiamo a che fare con un cattolicesimo che si oppone alla democrazia». Tre pagine con l'auspicio che l'intervista di Francesco a "Civiltà Cattolica" sia «letta anche dai vescovi polacchi» che invece non rispettano «la non ingerenza nelle coscienze delle persone… usano un linguaggio inquisitorio e intollerante» e coltivano «la tradizione ancora del Concilio di Trento». Ecco: in nome della "democrazia" il democratico Michnik, rispettabile e stimato da tempo per tante ragioni, qui chiede l'intervento imperativo del Papa per far cambiare idee e prassi ai vescovi polacchi e – conseguenza che lui pensa obbligata –- anche ai cittadini cattolici polacchi, docili pecorelle di ogni pastore. In nome della democrazia vuole un imperativo papale obbligante. Che dovranno fare i vescovi polacchi? Diranno il contrario di quanto oggi dicono, o, per rispettare la coscienza democratica di Michnik, taceranno? Così: non riuscendo a convincere democraticamente i cittadini polacchi, certi intellettuali "democratici" chiedono un "diktat" papale sui vescovi-pastori: le pecorelle polacche seguiranno, come "l'intendenza" di sempre. Sui singoli punti ci sarebbe da chiarire – quando, dove, come, in quali ambiti dovrebbe arrivare l'ordine papale? – ma Malpelo ricorda che a Ercolano (Na) 30 anni or sono sul monumento di una piazza e riferendosi al dramma della droga un buontempone aveva scritto la richiesta imperativa: «Più castagne, meno pere!». «Meno pere!» allora in piazza, «meno preghiere!» ora in pagina. Cordiale sorriso democratico: dopo il dramma del marxismo oppressivo perdura ancora, anche in persone insostettabili, l'idea di una religione che resta, in un modo o nell'altro, «oppio dei popoli»...
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