sabato 27 febbraio 2016
“Sintesi” in tante pagine ieri anche in bocca illustre: «Ha vinto l'amore!». Suona bene, ma ti viene qualche dubbio, e conseguente domanda: «Chi ha perso? Forse l'odio?». E il menù, stesso chef, offre altre portate: «Ho rischiato l'osso del collo»! Il problema è anche un po' sopra, e non riguarda solo la cosiddetta Cirinnà, perché i proclami non si fermano e sul piatto arrivano prospettive allargate al piatto dei “cattolici”: «Vedremo con chi sta davvero il mondo cattolico al referendum. Noi andremo in tutte le parrocchie a spiegare»! Proprio in tutte? E quel “noi” è… maestoso davvero! Il programma ti rende perplesso anche sul programmatore. Sicuro che ad aver vinto sia proprio e solo “l'amore”? Spesso capita infatti che anche su questa parola ci siano cucine diverse, pur nel caso simili, e che inciampino all'ingrosso magari in compagnia varia. E così l'altro ieri su “Italia Oggi” (p. 9 intera) intervista universale a Vladimir Luxuria che tra altro dice: «Vorrei incontrare Papa Francesco per chiedergli cosa pensa di una frase che un giorno mi disse Don Gallo: “Dove c'è amore, c'è Dio!”». Cosa pensa il Papa di questa frase? Penserà che non è proprio farina di don Gallo, pur rispettato e stimato da vicini e lontani, ma varrebbe la pena di far sapere che quella frase, in italiano, è l'inizio di un celeberrimo canto liturgico, in latino: «Ubi Caritas et Amor, Deus ibi est». Una cosa che ha dai 13 ai 15 secoli, ed è sempre modernissima. Già: perché capita anche che cose che sembrano di retroguardia siano di vera avanguardia, e viceversa. Per esempio su quella “adozione del figliastro” – meglio chiamarla così – sicuri che “produrre” apposta per legge “figli” che non sapranno mai chi è almeno uno, se non tutti e due coloro che sono i “genitori” sia un passo avanti? E verso dove?
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