domenica 11 marzo 2012
Sono perfino patetici gli scienziati che, dalla loro cattedra, cercano di cancellare Dio dal panorama scientifico. Piergiorgio Odifreddi, ateo militante, intervista su L'Espresso (giovedì 8) un collega più famoso e praticante di lui, James Watson. È costui uno degli scopritori del Dna, che dopo aver ricevuto il Nobel per la medicina assieme a Crick e a Wilkins, dichiarò: «Dna, niente più ordini dal Paradiso». L'attuale intervista è interessante, perché Odifreddi, che dà sempre l'impressione di sentirsi incombere Dio sulla testa, ha a che fare con uno che, invece, sembra volerLo snobbare, anche se in realtà cerca di sfuggirgli: «Io penso che ci sono domande che non hanno risposta e che sia inutile starne a parlare». Strano per uno scienziato, il cui mestiere è di trovare risposte. Lui, però, «trova ridicola l'idea stessa dei diritti umani» e si chiede: «Da dove derivano questi diritti, se non si crede all'esistenza di Dio?». Invece il suo collega Crick aveva «fino all'ultimo tentato» – scriveva domenica scorsa Armando Massarenti su Il Sole 24 Ore.– di smontare «i meccanismi che sottostanno a ciò che per millenni è stato chiamato anima» e che «non è che una questione neuronale e, quindi, illusoria è ogni fede nell'immortalità». Avrebbe dovuto sapere che è antiscientifico pretendere di risolvere scientificamente il problema di una realtà immateriale, che sfugge a ogni esperimento o ricerca. Invece Crick ha cercato di applicare la fisica persino all'"io", sostenendo che esso è solo «la risultante del comportamento di una miriade di cellule nervose e delle molecole in esse contenute». Sennonché nel 2004, dopo questo tentativo di «infliggere un colpo mortale alle visioni vitaliste e spiritualiste», il povero Crick è deceduto. Speriamo che la misericordia divina lo abbia accolto sotto il suo manto, giacché Dio, che anche Nietzsche aveva inutilmente già dato per morto 130 anni fa, è vivo e vitale.

PERVERTIMENTI
Secondo la bioeticista Chiara Lalli (La Sapienza, Roma) «c'è chi dice no» all'obiezione di coscienza, cioè a un «pervertimento semantico», perché l'aborto, da quando la legge lo ha legalizzato, è diventato un diritto mentre – sostiene su Il Sole 24 Ore (domenica 4) – l'obiezione ha cessato di esserlo. Di qui una serie di deduzioni che a un distratto possono sembrare logiche (la Lalli insegna anche Logica), ma non lo sono, perché è sbagliata la premessa. Infatti il legislatore ha riconosciuto il diritto all'obiezione, proprio perché l'aborto non lo è e quindi non può corrispondergli alcun obbligo. Infatti: 1) il concepito/feto è un essere umano e dunque ha diritto alla vita; 2) l'aborto resta un reato quando è clandestino, anche se è in tutto uguale a quello legale; 3) Il giorno in cui, al Senato, si stava per votare definitivamente la legge 194, il ministro della Giustizia, Francesco Bonifacio, dichiarò di prendere atto che gli stessi promotori della legge avevano «seccamente smentito la tesi, aberrante sul piano costituzionale, civile e morale, secondo la quale l'aborto costituirebbe contenuto e oggetto di un diritto di libertà». È agli atti del Parlamento.

NOZZE AL RIBASSO
A Milano, scrive Il Giorno (lunedì 27), moltissimi matrimoni civili sono celebrati non dal sindaco, ma da chiunque gli sia indicato dagli sposi. Sindaco e matrimoni civili – così pare – valgono sempre meno. Domani nozze e divorzi allo sportello dell'anagrafe?
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