mercoledì 4 luglio 2018
La riforma del mercato del lavoro è all'ordine del giorno e in queste ore il mondo agricolo tira un sospiro di sollievo per l'intenzione di reintrodurre i voucher, in vista soprattutto della prossima vendemmia. Perché i voucher siano stati tolti non si è capito, ma di certo non è stata una scelta ispirata dal realismo, così come rischia di pesare sulle aziende italiane la restrizione dei contratti a termine. Nell'uno e nell'altro caso siamo alla politica di Penelope o dell'incertezza, che è qualcosa che fa male alla nostra economia.
Nei giorni scorsi ero in viaggio in Giappone fra aziende agricole, artigiani e locali. E la prima cosa che colpiva era la certezza delle procedure. Ognuno al suo lavoro con piglio innovativo, che si trattasse del produttore di wasabi o di whisky, la cui aspirazione era la filiera corta. Durante gli incontri ci sono state molte domande ai protagonisti e alcune si riferivano ai controlli. Ma dall'altra parte c'era quasi un volto smarrito, nel senso che in Giappone non è l'eccesso di controlli che garantisce la riuscita, ma una mentalità comune che non mette assolutamente in conto di fregare l'altro. E quando si dice altro, si parla anche dello Stato, un valore della collettività che non può essere tradito. Le cose funzionano così: l'onestà conviene e quindi lo Stato non ha un atteggiamento vessatorio.
Al ritorno, per far passare le 12 ore di volo, una buona soluzione è guardare un film. E sono incappato nell'Ora legale, commedia interpretata da Ficarra e Picone, in un Comune siciliano dove la corruzione era sotto gli occhi di tutti. Viene eletto un nuovo sindaco, che decide di applicare alla lettera la legge, fino alla distruzione delle case abusive sulla spiaggia. Dopo sei mesi il paese intero si rivolta e chiede le dimissioni del primo cittadino. E tutto torna come prima. Nel disordine e nell'arte di arrangiarsi, secondo la legge della raccomandazione e della furbizia. È davvero questa l'Italia: un Paese impossibile da governare?
La metafora può essere facilmente trasferita da un Comune al Paese intero, col risultato che il vero cambiamento non accade mai, giacché da tempo si è spostato il baricentro del bene comune: dalla piazza all'orto della propria villetta a schiera. Ma un nuovo governo, che nel programma (ops, "contratto") punta a una sorta di ricostruzione, non può esimersi dal mettere in conto che diventi necessario costruire una mentalità comune che sia più alta e conveniente dell'interesse di bottega. È l'unica salvezza che può rendere apprezzabile e duraturo un tentativo politico. Ma per far questo, come insegna lo sviluppo giapponese, occorrono certezze. Senza certezza di poter lavorare bene, crolla ancora una volta il castello costruito con la sabbia.
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