Riscoperte, tra Cinque e Seicento in Messico anche la polifonia è d'oro
domenica 18 aprile 2010
Quello dedicato al repertorio di carattere sacro nato e sviluppatosi nell'America centro-meridionale tra XVI e XVII secolo si sta rivelando uno dei capitoli più vivaci e "aperti" dell'intera storia musicale tardo-rinascimentale e barocca. Grazie all'appassionato lavoro di ricerca, studio ed esecuzione di un sempre crescente numero di interpreti qualificati, stanno infatti continuamente venendo alla luce importanti tasselli che contribuiscono a delineare un quadro generale di forte interesse artistico e culturale.
Il cd intitolato Masterpieces of Mexican Polyphony " pubblicato originariamente nel 1990 e recentemente ristampato in edizione economica dall'etichetta inglese Hyperion (distribuita in Italia da Sound and Music) " è stato uno dei primi progetti discografici ad affrontare il contesto dell'antica produzione liturgica di area latino-americana, soffermandosi sull'opera di quattro autori di primo piano attivi presso alcune tra le più importanti istituzioni religiose messicane dell'epoca.
Insieme a un elaborato Salve Regina a cinque voci di Hernando Franco (1532-1585), al Magnificat quarti toni di Francisco López Casillas (ca. 1605-1674) e alla splendida antifona per i Vespri della Festa del Corpus Domini O sacrum convivium di Antonio de Salazar (ca. 1650-1715), i lavori di maggior respiro di questa antologia portano la firma di Juan Gutierrez de Padilla (ca. 1590-1664); già maestro di cappella a Cadice e Jerez in Spagna, nel 1629 egli andò a prestare la propria attività presso la cattedrale di Puebla, dove sono stati concepiti l'adattamento a due cori del Salmo Mirabilia testimonia, le Lamentazioni per il Giovedì Santo a sei parti e il caleidoscopico Salve Regina raccolti nell'album.
Diretto dal suo «Master of Music» James O'Donnell, il Coro della Westminster Cathedral opta qui per un approccio rigoroso da cui scaturisce una lettura estremamente composta e di stampo accademico, poco "latina" e molto "british style", volta più a ribadire i cardini della scuola contrappuntistica europea piuttosto che a recuperare i tratti peculiari della variopinta tradizione sonora del Nuovo Continente, come invece sembrerebbero suggerire i più recenti orientamenti delle attuali scuole interpretative di impronta filologica.
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