giovedì 1 luglio 2021
Errare è umano, perseverare è "Stampa". Che non lascia, non corregge, ma raddoppia. Dopo Marcello Sorgi (23/6), secondo il quale il Concordato del 1984 ha «caricato il costo degli stipendi dei preti sul bilancio statale italiano» (è vero l'esatto contrario), martedì (29/6) tocca a un'altra firma di sicura fama, Annamaria Bernardini de Pace: «Che dire delle esenzioni fiscali per gli alberghi religiosi? Del finanziamento dell'8xmille con le nostre tasse? Per la Chiesa vantaggi importantissimi». Fino alla perla, nerissima, finale: «Quindi, caro Vaticano, dov'è il problema? Un diritto di esclusiva della Chiesa, da gestire nello Stato italiano, sulla libertà di essere omofobi?». Se la nota diplomatica che pone questioni di libertà (dei cattolici e di tutti) viene interpretata come pretesa di poter "essere omofobi", qualcosa non ha funzionato. Ma la domanda vera è un'altra: com'è possibile che ancora, dopo un terzo di secolo di interventi, non si sappia che cos'è e come funziona l'8xmille e rispunti, erbaccia inestirpabile, la colossale panzana degli "alberghi religiosi" (sigh) che non pagherebbero le tasse? Le pagano eccome, e più volte abbiamo pure pubblicato le ricevute. E dov'è la legge che li esenterebbe? A non pagare le tasse sono gli immobili di chi non persegue fini di lucro, ossia tutto il privato sociale, non solo quindi la mensa Caritas o la casa alpina ma anche i sindacati, i partiti, gli enti di promozione sportiva, perfino quell'Arci che, nel mezzo della bufera anticattolica, fece sapere che avrebbe dovuto pagare pure lei. L'8xmille, infine, serve anche a integrare, per una media del 50%, la remunerazione dei preti in cura d'anime, che prima erano di fatto stipendiati statali, quello sì un anacronismo. Ma non c'è nulla di automatico e garantito, e ogni anno tocca ai cittadini contribuenti scegliere, in un meccanismo di democrazia diretta applicata al sistema fiscale, di straordinaria modernità. Basterebbe chiedere ai protagonisti del 1984, da Margiotta Broglio a Cardia, ad Acquaviva. Troppo sforzo, per certe firme della "Stampa".
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