domenica 12 luglio 2009
Ricevo qualche rimprovero " oltre i soliti " per aver maltrattato il senatore Ignazio Marino, ora candidato a segretario Pd su pagine e pagine che ne illustrano passato, presente e futuro: per esempio "Corsera" (4/7, p. 11: «"Campione dei laici»), "Repubblica" (4/7, pp. 16-17: «Via al tandem Marino-Civati», «Il chirurgo dei due mondi: tra Berlinguer e il Vangelo»), "Riformista" (4/7, Marino: «Una legge per le terapie del dolore»), "Unità" (5/7, pp. 18-19: «Marino conquista la Festa Pd»). Avevo detto la mia sul fatto ripetuto di professarsi «cattolico» e farsi indicare come tale, ma quanto a grandi problemi etici collocandosi, senza mediazione alcuna tra principi morali e applicazioni, su posizioni che mi paiono inconciliabili con questa «professione» di identità religiosa, per quanto «adulta» la si concepisca. Ora trovo su «Esodo» (giugno 2009) anticipato da "Adista" (n. 75, 4/7, p. 16), questa sua affermazione perentoria sul testamento biologico: «È il momento di rendersi conto che nessuno vuole introdurre leggi per consentire l'eutanasia, un atto, a mio giudizio, contrario all'atteggiamento di amore». Leggo e penso a uno sdoppiamento, una specie di bilocazione. Era lui o no, più volte applaudito ed osannato in piazza con i Radicali, che ad alta voce chiedevano non solo l'eutanasia vera, ma anche la parità totale tra «matrimonio» e ogni unione di fatto, etero e gay, ben altra cosa dal riconoscimento dei diritti delle persone, tutte, e dalla riprovazione di ogni discriminazione umiliante? Era lui, e allora quel «proprio nessuno» diventa incredibile: è difficile dirne bene.
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