Dove è quel Bambino dai capelli biondi, appena coperto da un piccolo panno bianco che sorride tra pastori e re d'oriente come fosse normale nascere tra le rocce una notte d'inverno? Chi ci ha raccontato questa antica storia non lo aveva visto, ma sentito dire da altri che non sapevano scrivere e questi da altri ancora che parlavano lingue diverse. E noi su queste verità così povere di testimonianze umane giochiamo la nostra vita e la nostra morte. Ed è proprio qui la bellezza della verità che attraversa i secoli di una umanità prima povera ed umile, poi cosciente e rivolta allo studio e alla ricerca del vero, ma che infine deve abbassare l'orgoglio della propria intelligenza e accontentarsi di credere senza toccare con mano. Andare nella Terra santa non basta, non è sufficiente se prima non credi, poiché ciò che abbiamo cercato di conservare della vita e della morte umana di questo dio, sono poche pietre che abbiamo incorniciato d'oro e di stoffe preziose immaginandole autentiche e vere. E forse è così, anche se non ci sarebbe diversità se il luogo dove ci raccontano che egli sia nato fosse stato un po' più in là, un po' più in su. Se andiamo a Betlemme a cercare questo non troveremo niente che ci commuova, che ci dia le risposte di cui abbiamo bisogno. Lo stesso avviene a Gerusalemme dove noi che vorremmo toccare le realtà per credere in ciò che vediamo, abbiamo innalzato un immenso tempio contestato dal nostro vario modo di avere una fede che sia la nostra forza per sopportare la vita. Un piccolo pezzo di terra continuamente difeso o aggredito da popoli che non vogliono perdere o che credono di avere diritto di ottenere per legge storica è infine ciò che resta della patria di questo bambino. Ma allora dove è il Natale? Quando ero bambina era nell'attesa misteriosa di un presepio che i miei genitori costruivano con il poco che avevano nell'angolo di una camera: due pastori, cinque pecore, una capanna fatta di carta da pacchi prima incollata con la sabbia del mare che mamma andava a prendere ad Ostia con il treno. Sullo sfondo troneggiavano le Alpi, unico modo per dare una realtà alla lontana terra di Gerusalemme. Ma che notte meravigliosa era quella di Natale quando nella capanna arrivava Gesù Bambino adorato dai suoi genitori. Ricordo la voce calda di mio padre cantare “Hilighe Nacht”. Sembrava che anche gli angeli di carta che la mamma aveva appeso con un filo d'oro sulla capanna cantassero danzando mossi dall'aria delle candele accese. Forse ai nostri bambini abbiamo distrutto questa magia perchè non sappiamo raccontare antiche storie che, se guardassimo bene, si ripetono anche oggi e non solo in terre lontane ma nelle periferie delle nostre città. La miseria, l'oblio, la non accoglienza, coltivano la nostalgia del proprio mondo povero, ma forse più autentico anche se attraversato dalle guerre, e aiutano la delinquenza, l'odio e quella rivolta silenziosa che turba l'ordine della nostra vita. Regaliamo ai nostri giovani il coraggio delle proprie opinioni e la forza di aiutare chi non ha più fiducia nella vita.
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