sabato 18 marzo 2017
Per chi si occupa di "Business Ethics" esiste un ambito privilegiato fatto di riflessioni e strumenti che attingono alla Corporate Social Responsability. Tuttavia la cultura aziendale attuale ha ridimensionato l'ottica "sociale" dell'impresa, riducendo la sua portata strategica ad un'operazione di facciata, appannaggio della direzione marketing, nella quale spesso sparisce il senso vero di questo modo di fare impresa. Confrontarmi con Maurizio Sacchi su questi temi e su ciò che da sempre la sua azienda fa in una vera ottica "sociale" è un'opportunità di rivalutare attraverso fatti e risultati l'utilità della CSR. Maurizio, Ad insieme al fratello Paolo della G. Sacchi Spa, un'azienda leader nella distribuzione di elettroforniture con 50 filiali in Italia, 1000 dipendenti e un fatturato che sfiora i 500 milioni di euro. «La nostra storia – mi racconta – è quella di un'azienda nata in un paese della Brianza grazie all'intuito di mio padre e al lavoro delle persone che hanno permesso la realizzazione di quel sogno giorno dopo giorno. Assieme a tutti loro è stato naturale divenire azienda sentendosi parte integrante di questo territorio: tante persone lavorano con noi da anni, così come sono tanti i clienti e i fornitori con i quali siamo cresciuti assieme. Con tutti abbiamo sempre cercato di avere delle relazioni fiduciarie grazie alle quali toccare con mano la sicurezza e il senso che deriva dall'aver investito su questo "capitale". Quella del senso del lavoro e dell'appartenenza ad una "comunità" sono due dimensioni spesso dichiarate dalle imprese ma difficili da perseguire, obietto io. «Certo – riprende Maurizio – ma la presenza di queste dimensioni è alla radice del fare impresa e forse la leva principale per realizzare un valore economico sostenibile. Serve però farlo con continuità e coerenza, facendo toccare con mano a chi lavora la bellezza e l'utilità di queste scelte. Per noi un passo fondamentale è stata la nascita nel 2004 della Gerolamo Sacchi Onlus, una realtà che sin dagli inizi ha supportato, grazie ad ingenti investimenti, numerosi progetti di solidarietà in 35 Paesi nel mondo e che oggi sostiene oltre 160 adozioni a distanza, attraverso il coinvolgimento dei nostri collaboratori. L'obiettivo non è mai stato la sola filantropia, per quanto corretta, ma comprendere assieme come il risultato del nostro lavoro possa avere un senso che va oltre i confini dell'impresa e divenire un'opportunità per chi a volte nella vita non ha avuto la nostra stessa fortuna». Conosco la storia della Sacchi e so quanti progetti l'azienda ha realizzato, oltre a quelli che Maurizio con la sua consueta discrezione mi sta raccontando, allora provo a domandargli qual è stato l'obiettivo "aziendale" più importante realizzato dall'associazione. «Credo che tutti in azienda siamo orgogliosi di ciò che abbiamo fatto a supporto dei sofferenti e dei disabili, o nella realizzazione di scuole, ospedali, centri di accoglienza sparsi nel mondo, ma la cosa stupefacente è il coinvolgimento continuo dei nostri collaboratori. Da anni l'investimento annuale che l'azienda mette a disposizione viene ripartito tra le filiali esterne e le funzioni di staff, così che ogni gruppo di lavoro possa scegliere in autonomia quali siano le realtà che hanno bisogno di supporto e spesso seguirne l'evoluzione, a volte partecipando personalmente alle loro attività. Anche questo ha contribuito a saldare questa nostra relazione e a sentire che esiste un rapporto fiduciario che va oltre il lavoro stesso». Incrocio lo sguardo commosso di Maurizio e mi rendo conto ancora una volta di cosa possa voler dire fare impresa, lavorare con gli altri e per gli altri.
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