martedì 19 giugno 2012
Ieri due titoli su "Repubblica" (pp. 24 e 25): «Noi tra politica e sentimenti» e «Scalfari racconta Repubblica». Sul "Foglio" invece ironia surreale sul tema: «La fatuità di Repubblica è tutta nelle bretelle dei suoi giornalisti». Il primo proclama è anche giustamente orgoglioso, dopo 36 anni di storia, ma talora da quelle parti certi sentimenti eccessivi tradiscono la politica e rendono cadenti anche le migliori "bretelle". Sabato p. es. (p. 32: «La Rai dei tecnici alla prova del video») Giovanni Valentini (s)parlando della Rai era indignato perché Antonio Preziosi, direttore del GrRai «figura nel Consiglio Pontificio delle Comunicazioni sociali» e – figurarsi! ndr – «insieme ai direttori di Radio vaticana, dell'Osservatore Romano e di Civiltà Cattolica». Seguiva «rilevazione» dell'«incompatibilità di una tale collocazione per un direttore della radio pubblica di uno Stato laico». Leggi e non trovi bretelle che tengano! Ricordi infatti l'art. 3 del regolamento della Pontificia Accademia delle Scienze, cui sono chiamati scienziati «senza discriminazione etnica e religiosa» alcuna, e infatti tra i suoi membri attuali trovi il presidente Werner Arber, Nobel 1978, poi Gunther Blobel, Nobel 1999, David Baltimore, Nobel 1975, Rita Levi Montalcini, Nobel 1986, Carlo Rubbia, Nobel 1984, e poi p. es. Luigi Luca Cavalli Sforza e Stephen Hawking con altri, tutti notissimi, nessuno di essi cattolico e parecchi noti non cattolici o anche del tutto non credenti. La pontificia Accademia, guidata dal vescovo Marcelo Sanchez Sorondo, non ha criteri di incompatibilità confessionale o comunque religiosa. È esempio di positiva laicità, ancora lontana in certe redazioni, ove qualche «bretella» pare cedere: e il rischio di ridicolo è grosso.
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