martedì 16 marzo 2010
Eccessi. «Non è scritto che dobbiamo morire»! Sabato sul "Giornale" (p. 19) lo fanno dire a Don Luigi Verzé. Lui compie i 90 e ragiona benissimo: quindi qualcosa non fila. Se un esperto in Bibbia dice «non è scritto» si riferisce al biblico ghégraptai " «è scritto» " ma nella Bibbia dall'inizio (Gen. 3: mot themutùn) alla fine «è scritto» che «dobbiamo morire»: il verbo in più di 300 testi, il nome «morte» in altri 200. L'entusiasmo politico per il prete «amico» gonfia i termini, ma don Verzé da uomo di fede ha detto solo che «Dio non ha creato la morte», e da esperto in ricerche mediche che la qualità di vita va migliorata «allungandone» la durata. Per questi 90 anni c'è poi "Italia Oggi" (p. 11) che racconta un suo «miracolo» perché tanti «cittadini» hanno destinato il loro «5 per mille» alle sue imprese. Auguri, allora, ma senza retoriche di eccessi quasi scherzosi. Meno scherzoso, con pretese di serietà, ieri, su "Repubblica" (p. 23) la tirata di Paolo Villaggio che spiega «risse ed esplosioni violente»: dicono che chi ne è protagonista, ha «l'angoscia di essere invisibile». Tu ci ragioni e trovi che qualche" ragione l'ha in proprio. Infatti le righe spesso violente, rabbiose, piene di insulti mascherati da comicità che ogni giorno ci tocca leggere su "L'Unità", pesanti e a senso unico contro tutto ciò che dice Chiesa, religione cattolica, Santa Sede e coscienze liberamente rispettose dei principi di fede, paiono venire spesso da un'«angoscia di essere invisibile». E pensare che "L'Unità" se la prende persino con Madre Teresa di Calcutta: colei che, per tutti noi, sapeva vedere anche gli «invisibili»"
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