sabato 30 maggio 2020
È decisamente efficace "Next Generation EU", il nome scelto dalla Commissione Europea per il progetto di Recovery Fund. Non solo perché chiarisce bene l'ambizione dell'iniziativa e l'importanza storica del progetto, ma anche perché (a ben guardare) racchiude in sé una sfida gigantesca per il sistema Italia. Subito dopo la legittima esultanza delle forze di maggioranza per un risultato probabilmente insperato, che rappresenta un salto di qualità nella risposta europea all'emergenza, è bene illuminare infatti l'altra faccia della medaglia. Quella (almeno per l'Italia) più "impegnativa" e complessa, non a caso rimasta finora in ombra nel dibattito politico nostrano. Nonostante i suoi dettagli debbano essere ancora discussi e approvati, occorre fin d'ora fare i conti con alcune spiacevoli certezze del Recovery Fund: contributi a fondo perduto e prestiti agevolati saranno erogati dalla Commissione solo sulla base di piani di investimento credibili e dettagliati che dovranno essere presentati dai singoli Stati già in autunno (in occasione della Legge di Bilancio) e aggiornati ogni semestre, i fondi saranno erogati (a partire dal 2021) a rate perché subordinati alla verifica della reale capacità di esecuzione delle riforme, l'intero processo sarà sottoposto all'attento monitoraggio delle istituzioni europee. In sintesi: nulla sarà donato subito e senza condizioni. Posta in questi termini la partita del Recovery Fund diventerà a breve per il Governo e per l'intero ceto dirigente italiano uno storico "test di maturità", sicuramente tra i più impegnativi e complessi della storia repubblicana. Servirà una visione strategica, che consenta di cambiare radicalmente approccio rispetto ai classici vizi italici dell'assegnazione di fondi a pioggia e dell'uso dei fondi comunitari per coprire buchi di bilancio nazionali. Servirà una capacità di progettazione terribilmente diversa da quella mostrata finora da Ministeri, Regioni ed enti locali nell'uso dei fondi comunitari e che determinerà la perdita di quasi la metà dei fondi della programmazione comunitaria 2014-2020 disponibili per l'Italia. Servirà infine un modello innovativo di "progettazione condivisa" che coinvolga fin dall'inizio in modo serio le associazioni d'impresa, a partire da Confindustria, e i sindacati. Prevarrà il pessimismo della ragione o l'ottimismo della speranza?
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@FFDelzio
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