giovedì 14 aprile 2005
Ieri su "Repubblica" - "Un laico in mezzo ai pellegrini" - Alberto Asor Rosa descrive, sbalordito e direttamente toccato, giacché abita proprio in una via che è stata al centro dello "tsunami" di folla, ciò che è accaduto in morte di Giovanni Paolo II, aggiungendo che non sopporta che oggi "una vera moltitudine di politici di sinistra dichiari di aver scoperto la trascendenza" Che uomini sono se hanno aspettato tanto?" Il senso della trascendenza, infatti, per lui "fa parte dell'umano, ne è un prodotto", e non ha bisogno di niente e di nessuno, tanto meno di una Chiesa e di una religione. Va bene, ma con una domanda: il senso della trascendenza che oggetto ha? Lui non risponde" Sarà dunque un vago sentimento per cui la ragione laica, così acuta, su un punto così cruciale finisce per naufragare, come ironizzava Hegel, "in una notte in cui tutte le vacche sono nere"? Ovvio: è libertà, e lo è anche - Asor Rosa lo fa alla fine del suo pezzo - pensare che "il senso della ragion critica", cioè "il pensiero laico" è l'unica forza di civiltà in grado di impedire nuove avventure totalitarie", e che "ha sulla fede un enorme vantaggio": infatti "può concepire la trascendenza, ma la fede non può concepire la ragion critica". Che dire? Che talora qualche pensatore un po' stralunato dai fatti, pur con le migliori intenzioni, se la canta e se la suona da solo: si meraviglia, si sconcerta, si chiarisce le idee e si rassicura, ma non fa mai i conti con gli altri. Sicuro che un uomo di fede e trascendenza come Agostino, Tommaso, Pascal, Newman, Gilson, Maritain ecc" Non capisce proprio niente di ragion critica? Qualche dubbio laico ci starebbe bene"
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