martedì 2 ottobre 2012
Lupus sorridente. Domenica sul "Corsera" (p. 29) Eva Cantarella, notissima studiosa di antichità, racconta la gaffe del premier britannico David Cameron – ospite in Tv del "David Letterman Show" non ha saputo tradurre l'espressione "Magna Carta" – e ricorda l'importanza delle lingue classiche, in particolare del latino. Tra l'altro coincidenza: stesso "Corsera" (p. 22: "Fermi tutti") godibile saggio di Alessandra Arachi ove leggi che il Nobel Enrico Fermi da ragazzo «imparò in un fiato il primo volume di fisica» che ebbe tra le mani, «scritto in latino… senza conoscere la lingua». Ancora: Cantarella aggiunge che «quando vogliamo insultare qualcuno… nelle lingue dei padri le contumelie acquistano quella dignità e quel rilievo che le lingue moderne non sono in grado di dare loro». «Dignità e rilievo»? E allora torna alla mente una particolare scoperta. Ovvio che l'insulto ai defunti, sia altrui che propri, sia bruttissima cosa, eppure a Roma vige da secoli un'espressione dialettale che pare insultare i defunti, ma nella realtà non ha solo un senso di disprezzo, bensì anche di meraviglia e complimento – «Li m… tua!» – ma non nasce dalla lingua italiana, ove è solo insulto volgare. E infatti la sua origine è latina. Leggi nel "Liber Pontificalis" (a cura di L. Duchesne, I, Paris 1886, pp. 231-32) che tra il 22 e il 25 novembre del 545 Papa Vigilio su ordine dell'imperatore Giustiniano e di sua moglie Teodora fu condotto a Civitavecchia per essere deportato a Costantinopoli, e nel cammino una parte della folla era in lacrime di compassione per il Papa, mentre un'altra lo insultava gridando: «Famis tua tecum! Mortalitas tua tecum! Male fecisti Romanis, male invenias ubi vadis!» («Muori di fame, tu e i tuoi morti cattivi! Hai fatto del male ai romani. Possa trovare male ovunque tu vada!»). Ecco: «mortalitas tua tecum!». Radici cristiane? Proprio così: con buona pace di tutti…
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