sabato 15 settembre 2018
In genere le parole sono all'origine di un pensiero, a volte più semplicemente ne diventano segno e permettono di comprenderlo appieno. Per questo sono "pietre" vive della nostra vita, la interpretano o la indirizzano silenziosamente. Nonostante ciò talvolta ci scordiamo di loro, dei tesori che rivelerebbero se sapessimo ascoltarle e delle verità, spesso nascoste, di cui si fanno portavoce. Così mi sembra intrigante l'idea di introdurre questa nuova rubrica provando a soffermarmi sulle parole che ne compongono il titolo: "Che bella impresa!", quasi a voler cercare quei significati originali che il tempo può offuscare o condurre per mano verso altre direzioni.
La parola "impresa" sembra essere la più semplice da svelare ed invece contiene alcune preziosità che ne fanno un termine più ampio e affascinante. "Impresa" deriva dal verbo latino "prehendere" che unito al suffisso "in" fa riferimento in modo particolare all'azione di chi "prende su di sé" e "incomincia". Francesco Petrarca nel 1300 sottolineava inoltre l'idea di "un'azione di una certa importanza e difficoltà, ma dall'esito incerto", contribuendo così ad avvicinare il termine antico a quello comunemente usato in ambito economico. Ma la parola indica anche un progetto, un'iniziativa (e sappiamo bene quanto la vita sia fatta di un'infinità di piccole e grandi "imprese") che ciascuno di noi "prende su di sé" con l'obiettivo di raggiungere i risultati desiderati. Questo concetto ci conduce tra l'altro al tema della responsabilità, individuale o collettiva che sia, un tema centrale nel lavoro di oggi, così semplice da apparire banale. Il significato, enorme nella sua essenzialità, deriva dalla parola latina "responsum-abilis", letteralmente "capace di dare risposte" ma anche di "prendersi cura", di "portare su di sé un peso". Tradotto nell'attività lavorativa di tutti i giorni suggerisce la bellezza e l'importanza di essere ognuno di noi un po' "imprenditori", parte integrante di un progetto il cui futuro è dato anche dalla nostra piccola o grande "capacità di dare risposte". Un'impresa che, diversamente da quello che da sempre l'economia classica si "limita" a dirci, non è più solo frutto dell'abilità di chi
"organizza le risorse per raggiungere un obiettivo prestabilito e coerente con il contesto di riferimento" ma diventa per tutti la possibilità di costruire progetti che rispondano al desiderio innato di dare una direzione e un senso alla vita. Una progettualità che quando si arricchisce di spiccate capacità imprenditoriali può dare vita chiaramente a progetti ancora più sfidanti, a "imprese" vere e proprie, che mettono in comune la "responsabilità" di più persone, affinché l'iniziativa possa avere successo e contribuire al futuro di tutti. Non più dunque "un uomo solo al comando", una sorta di eroe in grado di fronteggiare le difficoltà insite nel fare impresa ma un progetto comune che si nutre della responsabilità individuale per creare un valore collettivo.

A questo punto entra in gioco l'altra parola del titolo, "la bellezza": un termine che scomoda mille significati ma che nell'accezione più antica e forse più vera, racchiude in se il concetto di "bene". Il mondo greco, in particolare Aristotele e Plotino, spesso affiancava i due termini quasi a decretarne la complementarietà. Il celebre motto "kalos kai agathos" suggeriva per l'appunto l'idea che la bellezza avesse origine in un bene maggiore e conducesse verso un bene maggiore. L'Estetica era considerata insomma una "porta di ingresso" privilegiata verso l'Etica, uno strumento teso al raggiungimento del bene comune. Bellezza intesa come realtà che grazie alle sue qualità esteriori ed interiori appare vera e desiderabile; "bene" inteso come elemento in grado di rispondere ai bisogni dell'uomo, dando senso compiuto al suo agire. Nel tempo la parola "bene" ha assunto un'ulteriore connotazione più visibile e i "beni" sono anche divenuti gli oggetti che una certa ricchezza poteva garantire ma senza dover mai perdere di vista una valenza che contemplasse la bellezza, un valore aggiunto in grado di dare a quel "bene" un pieno significato.
Forse per questo ha senso parlare oggi di bellezza nel fare impresa, ovvero della capacità di coniugare il raggiungimento di un giusto "bene economico" con il nostro desiderio di "stare bene" attraverso la possibilità di fare cose belle, cose che abbiano senso. Chi si occupa di motivazione da sempre sa che all'origine di quell'energia che genera la voglia di dare il meglio di sé e di fare impresa, specie nei momenti di difficoltà, vi sono questi valori e queste istanze. Questa nuova rubrica vuole raccontare la storia di alcune persone e realtà che ogni giorno provano a coniugare questi elementi perché si traducano in competenze e volontà, intelligenza ed energia e anche grazie a ciò possano realizzare "opere", imprese, che restino nel tempo.
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