giovedì 15 settembre 2022
Sergio, nella tua vita hai assistito a un numero infinito di tornate elettorali: come giudichi lo stato di salute di questa politica?
«Si è diffuso un sentire più laico della politica. Si può credere alla propria appartenenza, ma senza fedeltà assoluta. Sono esterrefatto davanti al continuo trasformismo e ai cambi di casacca. L'Italia si è involgarita. Mai dal dopoguerra a oggi, la politica aveva prodotto tante occasioni e pretesti per una così grande quantità di contrasti e scontri. Ti confesso Ale, mi sono allarmato assistendo alle prove generali dell'ultima campagna elettorale, perché si percepiva un modo di vedere l'avversario, anziché controparte, come un nemico con il quale non si può competere né transigere. L'unica realtà con la quale fare i conti, sembra essere la minaccia da scongiurare. L'ostacolo da abbattere. Non v'è dubbio che sia un vantaggio fondare il confronto su posizioni non confondibili, vale a dire sul contrapporsi di testi e di antitesi. Ma il rischio è che volendo semplificare al massimo, prevalga l'attitudine alle demonizzazioni. Ed è esattamente quel che è accaduto. È pur vero che anche il nuovo esige una dose di tolleranza. Ma la politica non è mai virtuosa e indenne da tonfi, censure e ripulse. La legittimità di un candidato deriva dal rispetto delle regole. Ecco il punto: ma quel rispetto va preteso. Quel che mi inquieta è che a furia di mettere sul ring scontri di facce e di parole, non è mai emerso un programma economico e sociale degno di questo nome. E alla fine quel gran macchinare di intese, altro non è che una sorta di stampificio di patti elettorali destinati a svanire come bolle di sapone».
Come spieghi il successo del Movimento 5 Stelle?
«Il potere logora chi non ce l'ha, amava dire Andreotti. In questo caso il potere, sbandierato dai grillini come servitore muto della Rete, finisce per logorare proprio la Rete perché quest'ultima diventa schiava del potere stesso. Esterofilia lessicale; piattaforme personali, voti e sondaggi on line, «Meet up» e «Vaffa Day» miscelati a esperimenti di ingegneria welfare, campagne social per la demolizione virale di nemici, populismo cucinato in tutte le salse brandendo il vessillo ormai logoro dell'uomo qualunque nel cui nome rinfocolare antichi riti propiziatori per distruggere tutto ciò che sa di Casta. Hanno raccolto il malcontento di tanti elettori delusi dalle dinamiche di governo utilizzando schemi interpretativi demagogici intrecciati con forme organizzative dei movimenti».
Ti aspettavi dunque l'exploit di un Movimento che si propone di aprire come scatolette di tonno i palazzi del potere?
«Proprio no. Ma la breccia è stata aperta anche dalla mancanza di consapevolezza del ruolo della politica come istanza di difesa della dignità civile, della pace e della solidarietà globali. E come costruzione di una comune identità che non miri al mantenimento del potere, ma al raggiungimento di quel che gli consente di progredire. La sovranità, Ale, non appartiene allo Stato. Ma all'uomo. Solo una politica con le radici ben salde nell'impegno etico può fare la differenza. Altrimenti saranno solo brutte copie di brutte copie».

Lascito prezioso dell'ultimo tratto del percorso terreno di Sergio Zavoli sono i suoi "dialoghi familiari" con la moglie Alessandra, giornalista a sua volta, che in questa rubrica offre ai lettori di "Avvenire" sintesi a tema di quelle riflessioni
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