domenica 30 dicembre 2018
Affascinato dalla facilità con cui ci si esalta o deprime per una partita di pallone, una volta scelto il mestiere del critico narrante ho cercato di contenermi. Pochi eletti in mezzo secolo di cronache: Di Stefano, Sivori, Rivera, Crujiff, Riva, Baggio, Maradona, Ronaldo do Brasil e Del Piero (a parte una vera amicizia con Bulgarelli). Credevo di avere esaurito i crediti, ecco Cristiano Ronaldo, vipperia iberica, lontano dal mio sentire. Eppure, ho come la sensazione che sia superiore a molti altri, se non a tutti, esclusi la Saeta Rubia, il Pibe de Oro, il Fenomeno e Alex che parla ai passerotti. Nessuno dei campioni sbarcati in Italia s'è così rapidamente adeguato agli usi, costumi e valori tecnici del nostro campionato. E solo Maradona mi ha convinto di valere quasi da solo i successi raccolti, passando disinvoltamente da Bianchi a Bigon al Narichon Bilardo. Certo in forma insolita, questo è il mio bilancio di fine anno, e lo do alle stampe mentre ho ancora negli occhi il gol del pareggio a Bergamo. Temevo di restare solo con le parole; di dover attingere al repertorio delle sciagure; di essere costretto a confessare una volta di più l'impotenza dei miei appelli resi inutili – nei decenni – dall'ignoranza e dalla protervia dei governanti (parlo di calcio, ovviamente, essendo privato di alcuni diritti civili...) e di tanti addetti ai lavori appassionati di “coccodrilli”, demagoghi e rètori semmai immaginifici: raccontar balle non serve. C'è, in Ronaldo, una traccia utile in più: può dimostrare che con i calciatori giusti l'allenatore può anche essere un optional. Mi insegnò Enzo Ferrari che esistono i costruttori – rari – e gli assemblatori, numerosi. Fra i primi – dati alla mano – pongo Antonio Conte, fra i secondi Max Allegri, senza nulla togliere al suo palmarès, perché è grande virtù creare squadre di valore mescolando talenti diversi e diverse potenze, trattandosi di uno sport – il calcio – dove fisico e intelletto viaggiano insieme. Per i “latinorum”, mens sana in corpore sano. Va da sé che Cristiano Ronaldo è la summa di ogni valore pedatorio, in più fascinoso per il desiderio narcisistico di far valere la propria bellezza atletica. Così si chiude uno degli anni peggiori della nostra vita, fra l'inutile se non dannosa Var, il mercato di chiacchiere più ricco di quello di fatti, il trionfo immaginario dei bancarottieri, il fallimento dei sognatori. La fine praticamente in diretta di un uomo che aveva dei figli che amava ed è morto lasciandoli soli, speriamo fuori del branco. E lontano dallo stadio, il tempio sconsacrato di una grande e aristocratica passione. Ora posso dirlo, anche senza enfasi: grazie Ronaldo.
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