sabato 10 febbraio 2018
«Stella stellina, la notte si avvicina, la fiamma traballa, la mucca è nella stalla, la mucca e il vitello, la pecora e l'agnello, la chioccia e il pulcino, ognuno ha il suo bambino, ognuno ha la sua mamma e tutti fan la nanna». Incomincia così un piccolo libro di poesie disegnato da una mano leggera e pensato da un animo gentile. Era in un mio vecchio cassetto e non ricordo chi me lo leggesse quando ancora credevo che gli angeli fossero trasparenti e cantassero la sera questa poesia per farmi dormire. Una «Infanzia» felice dove non mi accorgevo delle pene e difficoltà dei miei genitori che dovevano lasciare le loro case per cercare libertà in un altro paese che non raggiunsero mai. Quando furono portati in prigione io giocavo nel prato della nonna dove crescevano lunghe siepi di lamponi e alberi carichi di mele. «Caro babbo, scrivevo con la mano guidata dalla zia, ti voglio bene e ti aspetto». Avevo una sua fotografia incorniciata di velluto appesa accanto al mio letto. Seduto su di una poltrona egli aveva baffi e capelli scuri e mi teneva in braccio nei miei primi giorni di vita, ma più passava il tempo meno ricordavo di lui, anche se tutti mi dicevano che mi voleva tanto bene e che sarebbe ritornato presto. Come è strana la misura del tempo quando la vita è iniziata da poco: i giorni sembrano lunghissimi, i mesi eterni e la vita una immensa pianura dai mille colori senza stabili confini, come qualcosa da inventare, ricca di verità e di speranze. Mio padre dalla prigione scriveva quasi sempre alla mamma per non compromettere i pochi amici che gli erano rimasti fedeli. Un giorno arrivò una lettera anche per me che incominciava come le vecchie favole «...il papà poveretto, stava in una stanzetta piccina con la porta sempre chiusa da un catenaccio di ferro... ma ecco che un giorno una gattina entrò e gli saltò sulle ginocchia. Mini! Gridò tutto allegro il papà... «La storia si allunga su due pagine dove egli racconta tutte le avventure che gli capitarono con questa gattina dapprima dispettosa e poi compagna di lettura del giornale che ogni mattino gli veniva concesso. Infine per farmi contenta mi prometteva, pur sapendo che non sarebbe stato possibile, di portarmela appena fosse «guarito» come mi avrebbe spiegato lo zio. Forse fu questa lettura tutta per me, forse la sua capacità di farsi semplice con i semplici, povero con chi aveva poco, modesto con coloro che non avevano cultura, forte e coraggioso nell'affrontare le difficoltà, che fui subito dalla sua parte senza mezzi termini, senza paura per tutta la mia vita. Avrei affrontato qualsiasi cosa per salvarlo se fosse stato necessario e per questo mio modo incondizionato di seguirlo ho ricevuto da lui stesso quasi dei rimproveri perché non voleva essere soltanto amato, ma sopra ogni cosa compreso. Non voleva sudditi, ma collaboratori intelligenti, non lodi, ma comprensione e, quando era possibile, condivisione senza perdita. Da parte di nessuno, di dignità. Questa fu anche la sua politica costruita con serietà e rispetto usando volontà e duro sacrificio, non dimenticando mai che si lavora sull'animo dell'uomo e quindi senza offendere la dignità e la fede quando è sincera e sofferta. Oggi siamo tutti rimasti senza questo padre che avrebbe per noi raccolto le cose migliori di ognuno per offrire la via più giusta per tutti. Forse meditando su alcune delle sue pagine ci sarà possibile trovare qualche luce per la via del nostro Paese di domani.
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