sabato 28 marzo 2009
"Fine vita: il medico non è vincolato" ("Sole 24Ore"). È il titolo più tranquillo, ieri, ma la «voglia matta» è su tutte le pagine: finiti in fumo mesi di battaglie gridate e imposte agli italiani da una pattuglia di pasdaran dell'eutanasia. La volevano e la vogliono. Approfittando di un «decreto» spacciato per sentenza, che oltre alle liti ha provocato solo una morte ufficiale per sete " testuale: «da disidratazione»! " hanno imposto al Parlamento mesi di parole piccole e grandi sulla loro «voglia». Mesi! E ora «tutto come prima!». Ma c'era bisogno davvero di questa battaglia, tutta loro, mentre mondo e Italia arrancano in crisi globale e povertà e disoccupazione sono la vera emergenza per milioni di italiani? Ora tutto come prima, e il fine-vita si affronterà con la collaborazione del malato, finché possibile, della sua famiglia e dei medici al servizio della salute, e non della morte. Loro volevano i medici «vincolati» all'eutanasia; li vorrebbero ancora, ma poiché il Parlamento democratico dice no alle loro «voglie», danno la colpa ai preti. A Radio Radicale insulti a valanga sul «clericofascismo». Solita mala-voglia. E invece no! Non c'era, e non c'è bisogno di una legge. Basta il rifiuto dell'accanimento terapeutico, come da decenni si pratica. Il resto è demagogia di morte. Se serve: a 16 anni chi scrive qui è stato per 7 mesi in coma e al San Camillo di Roma il prof. Pennacchio voleva rifiutare ogni cura: «mi avete portato un morto!». La legge allora non glielo consentì. Meglio sia così anche oggi. Resta quella voglia gridata di eutanasìa. Fin quando democrazia varrà, se la tengano!
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