sabato 3 dicembre 2016
Due giorni a Torino: per passare del tempo nelle sale del museo egizio dove le statue sembrano risplendere di luce propria, o per salire la collina che pone un limite alla città e godere della vista delle Alpi che fanno corona sotto la neve? Oppure occupare una di quelle poltroncine attorno ai tavoli eleganti delle sale da thè del centro storico che ti fanno credere di essere in compagnia delle dame del Settecento dipinte sulle pareti? Una città che si fa scoprire nelle sue bellezze, nella sua arte, nella raffinatezza delle sue vetrine, senza fretta, non vuole vederti passare come un turista veloce che si accontenta di grandi monumenti, di palazzi storici dimenticando, ad esempio, il piccolo Parlamento dove è nata l'Italia. Alla presentazione della mostra sulla storia politica del tempo di mio padre, preparata da un gruppo di giovani della Fondazione De Gasperi di Roma, ora nella sede delle vecchie carceri di Torino, mi trovai a dover raccontare agli studenti di oggi come quel luogo dove eravamo accolti fosse stato testimone delle grida di dolore, e delle lacrime di giovani della loro età pronti a offrire la vita per la libertà di chi avrebbe vissuto dopo di loro. Ricordare oggi le pene e il coraggio di ieri potrebbe sembrare inutile se ai margini della nostra Europa, non si sentissero le stesse grida, non si vedessero le medesime offese alla dignità, senza rimorso, né pentimento, ma con la sicurezza che danno le armi a gente che sembra non temere la morte. La guerra, la violenza, la vanità del potere sono eternamente presenti su questa terra. Un giorno arriverà anche questa pace perché la capacità umana di resistere all'assenza di amore ha un limite. Aiutare le giovani generazioni a costruire amicizie, a studiare assieme, a copiare ciò che di buono c'è nell'altro, a capire che chiedere perdono produce ricchezza è il compito necessario dell'oggi. La pazienza, la tenacia, il coraggio, fanno parte dell'eredità che dobbiamo lasciare anche quando ci sembra che al momento non vengano apprezzate. Luigi Einaudi nella prefazione dei due volumi sulla storia del Piemonte scriveva: «Nelle giornate serene, in mezzo alle catene delle Alpi vedo ergersi il Monviso e sotto Saluzzo; più in là Pinerolo con le vallate valdesi: quanta storia nella lenta formazione dell'unità d'Italia mi fa ricordare il panorama della mia finestra!». L'Italia da un'altra finestra, lo aveva già visto lavorare per l'unità d'Europa. Quella spinta all'unità che deve continuare a crescere nell'animo dei nostri giovani.
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