giovedì 19 dicembre 2019
Ieri qui (p. 17: «“Tre donne e un vescovo”, il potere della parola per costruire ponti e non muri») Alessandra Turrisi ha raccontato la presentazione a Palermo del libro dell'amico e collega Fabio Zavattaro «che mette in dialogo la pastora valdese Bonafede, la presidente della comunità ebraica di Roma, Dureghello e la musulmana Ferrero segretario generale del Coreis con l'arcivescovo Valentinetti». Bella occasione di dialogo, con evidente – lettera e spirito – l'evocazione della grande invocazione di Gesù, «Che tutti siano una cosa sola!». Qui quasi tralascio il parallelo seguente, «come lo siamo Io e te, Padre!», forse troppo impegnativo, ma pare chiaro il senso, e da duemila anni, purtroppo non sempre avvertito: ponti, per camminare insieme, non muri per separare e respingere. Leggi e non puoi che registrare: inequivocabile! Mi permetto di cogliere l'occasione per una cortese replica a due lettori, padre Mauro Pesce, carmelitano e il signor Paolo Gatti, che hanno scritto scandalizzati perché qui (12/12) avevo reagito a un articolo che accusava di tradimento della fede un incontro di preghiera a Milano nel quale due pastori battisti hanno commentato il Vangelo in una chiesa cattolica milanese. La mia reazione vedeva nell'accusa di tradimento della fede come un “odio”, nel senso di rifiuto totale dell'altro in quanto tale, comunque e sempre. Padre Pesce nella sua replica chiedeva che cosa sia per me l'odio... Ecco: per me nel caso è mettere la verità intera sotto un cuscino che ci faccia dormire tranquilli di possederla a prescindere e in tutto, e dimenticare proprio quell'ultimo gemito di Gesù, «Ut Omnes Unum sint!» Trovarsi in comune è sempre e comunque un valore. Se poi avviene per pregare nella luce del Battesimo unico e del Vangelo è anche un dovere. Qui c'è tutto: «Ut omnes Unum sint!».
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