mercoledì 8 giugno 2016
Può una farina, un chicco di grano, cambiare il genius loci? È la domanda che mi sono posto dopo essere stato in una pasticceria veneta, a San Giorgio delle Pertiche, e aver visto coi miei occhi un luogo di bel design, pieno di gente, che aveva più di un motivo per venire in questo paese di pianura, come tanti, il cui genius loci era congegnato sulla vita sociale di quella gente. Ma sapere che c'è un posto come questa pasticceria Marisa, dove la qualità delle proposte (dolci, gelati e quant'altro) ha trascinato anche la bellezza degli arredi, cambia la prospettiva e movimenta. Domenica scorsa a Bassano del Grappa, Chiara Quaglia dell'omonimo Molino di Vighizzolo d'Este ha assistito al racconto di 10 ragazzi che in questi anni hanno imparato a usare il lievito madre, poi la farina macinata a pietra realizzata con grani italiani per proseguire con un cambio di prospettiva: la qualità chiama qualità e poiché il cibo buono deve fare anche bene, il quadro che emerge è che i giovani di oggi che hanno a che fare con l'offerta del cibo si propongono in maniera coerente. E c'è chi ha litigato coi genitori che gli rinfacciavano «siamo sempre andati bene così!» e chi ha mollato un lavoro d'ufficio per fare lo street food con la pizza, ma di un certo tipo. La verità è che stiamo assistendo a una lenta rivoluzione di cui ancora non ci si accorge. Che è diverso dalla moda: le cose che hanno dei valori si radicano negli anni e in molti casi segnano dei punti di non ritorno. A Este c'è una pizzeria, Gigi Pipa con orto, che fa una pizza strepitosa utilizzando appunto l'orto per le farciture. E quando alla domenica sera vedi decine di bambini che mangiano quella pizza coi loro genitori, pensi che qui si sta facendo qualcosa che ha a che fare con l'educazione alimentare. Lo stesso discorso vale per la frutta e la verdura nei ristoranti, che sta diventando una bestia nera. Recentemente Federico Ferrero, ex vincitore di Masterchef, ha criticato duramente il ristorante Pinchiorri di Firenze anche su due punti cruciali: la mescita del vino a bicchiere e l'offerta di verdura. Io credo che molti ristoratori, davanti a queste critiche alzeranno le spalle, pensando in cuor loro che «hanno sempre fatto così». Ma il problema è che il mondo cambia e anche un ristorante importante o l'ultima delle trattorie deve mettersi in discussione. Pena il rimanere fuori dai giochi, parlando un linguaggio che non è più attuale. Ebbene, davanti a tutto questo, che è poi una realtà che chiede di progettare una formazione consapevole, credo che le principali resistenze si trovino proprio nelle associazioni di categoria. Anche loro potrebbero cambiare: guardando al futuro anziché al mantenimento del presente che rischia di diventare un residuo.
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