giovedì 17 novembre 2016

Èpassato qualche giorno dalla elezione di misura di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. Al di là delle analisi politiche credo vi sia una dimensione profondamente individuale dell'evento.
Si è parlato di establishment per Hillary Clinton, e voglio prendere l'immagine a metafora. Establishment descrive perfettamente quello che definisco radical chic, e tutto ciò che gli ruota intorno. L'establishment in questione non è meramente potere in senso classico, che può essere anche rude, permettendo una opposizione altrettanto rude. Ha assunto invece i tratti di una chiesa laica, con i suoi sacerdoti e sacerdotesse, azzimati e rifiniti, appropriatisi di parole altisonanti, di cui ignorano il significato, ma di cui pesano il potere ipnotico. Un sistema che si è gradualmente attribuito la facoltà di stabilire ciò che è accettabile e ciò che non lo è, quel che è arte e quel che non lo è, anche ciò che è religione e ciò che non lo è, trovando nelle sue stesse vittime alleati condiscendenti e ansiosi di ricevere briciole di consenso.
Questo establishment è così potente, data la sua capacità anestetica, che la sua religione viene seguita anche da coloro che dovrebbero averne una propria, proni all'adeguamento, per potersi fregiare dei riconoscimenti, salottieri e più concreti, che i profeti dell'affettata seriosità del nulla distribuiscono con espressioni da limone spremuto. Il mondo dell'arte è in molta parte servo devoto dell'establishment, ma lo è anche parte di quello della Chiesa. Alcuni suoi “operai” si fanno abbagliare dai lustrini dell'adulazione a prezzo di sconto che il radical chic profeta distribuisce, chiedendo in cambio piena fedeltà alla causa .
In quest'ottica io vedo chiaramente un processo che avviene a differenti livelli di profondità. Gli esclusi dalle caramelline dell'establishment, maturano un'avversione forte, spesso incontrollabile. Anche fuori luogo, anche priva di logica, ma che sottende un'urgenza di fondo molto genuina: la necessità di non relazionarsi con ruoli, fatti di nulla, che esistono in una dorata finzione da cui nulla può uscire se non per se stessi. Necessità di carne contrapposta all'ideologia che professa giustizia sociale e vive in una torre d'avorio totalmente isolata dal reale.
Chiaramente Donald Trump è altrettanto distante, dal popolo e dal sociale. Ma è riuscito, malgrado la sua stessa immagine, a non presentarsi come sagoma di cartone, come un totem impalpabile, fatto di parole che più sono belle e più stimolano rabbia per l'ipocrisia che denunciano. Si è presentato come un uomo con i suoi problemi, le sue evidenti carenze, le sue evidenti contraddizioni. Ha dato la sensazione (illusoria) di poter essere raggiunto, toccato, e non importa che questo sia totalmente finzione a fini propagandistici e comprenda dichiarazioni che sono regresso assoluto nel percorso dell'umanità. Ciò che conta è che, consciamente o meno, ha raccolto l'esigenza della gente di incontrare concretezza umana e non ologrammi di una storia di progresso raccontata e mai vissuta. Esigenza tanto forte che chi ne è stato affascinato non si cura minimamente dell'evidente inganno e miseria così ostentati dal tycoon.
Il primo motivo dell'elezione di Trump non è politico. Il primo motivo dell'elezione di Trump è fisico, primordiale, atavico. E quindi potente. E mostra l'urgenza del recupero del concreto, della presenza, della identità, della carne. Chi ha coscienza di questo dovrebbe adoperarsi in una lotta che è profonda e impegnativa. Scardinare il pensiero che i valori si insediano nell'ideologia distante, che più è rifinita, più è ricercata, più è falsa e insidiosa. Come un bel vestito per un corpo che non c'è. La crescita umana sta nella concretezza, nella presenza, e l'elezione di un riccone senza scrupoli che si è permesso di fare bandiera di concetti che sono stati la base della devastazione di intere culture e popoli, mostra che se si cerca di negarla, trova spazio comunque, anche in forme perverse. Perché esistere è fatto concreto, vita concreta, volti concreti, relazioni concrete, come sembrano essersi dimenticati i sacerdoti dell'incorporeo che poi, però, curano molto bene le proprie necessità pragmatiche.
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