domenica 6 dicembre 2009
A proposito della pillola per l'aborto fatto in casa (oggi, dopo tante polemiche e perfino dopo una legge, la 194, per la sua «socializzazio-
ne», si torna al privato fai-da-te) e della disputa fra Agenzia del Farmaco da una parte e parlamento e governo dall'altra, la scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti lamenta, sul Corriere della sera (giovedì 3), che «i giochi di potere» si svolgano «senza che chi lo soffre [l'aborto] sulla sua persona sia mai davvero stato al centro della lunga discussione». Quest'affermazione sarebbe veritiera se, come sarebbe logico, si riferisse al bambino, che nell'aborto viene ucciso. Invece la Bossi Fedrigotti intende «la donna», nel cui nome, sbandierato in ogni maniera, è stata combattuta tutta la lunga battaglia prima per l'aborto di Stato, poi per la pillola del giorno dopo e ora per la RU 486. Chi è stato sempre messo nell'ombra del suo essere considerato un semplice oggetto autorizzato del desiderio o del ripudio è il bambino, che più di chiunque altro «soffre sulla sua persona» gli effetti dei mortali «giochi di potere» altrui. I quali " dice donna Isabella con il solito ritornello " si fanno per rispondere al «bisogno di compiacere il Vaticano per compiacere i suoi fedeli». Fortuna " aggiunge soddisfatta " che l'Aifa «ha risposto con una fermezza da Paese straniero». In effetti uno straniero c'era, ma era una povera rom di un campo nomadi romano, 40 anni, già madre di dieci figli, che la notte tra l'1 e il 2 è morta di aborto per aver ingerito in casa delle pillole di Cytotec (medicinale autorizzato solo come gastroprotettivo), vale a dire di mifepristone, cioè di prostaglandina: la stessa molecola che bisogna assumere nella seconda fase della procedura della RU 486 per espellere il corpicino staccatosi dalla parete dell'utero. Un tragico aborto casereccio e " come dire? " in fotocopia.

RICCHI O POVERI?
«La diversità che arricchisce l'Europa»: l'Unità (lunedì 30) parla in questi termini dell'omosessualità citando una risoluzione del Parlamento Europeo, che afferma di ritenere che «la diversità arricchisca l'Unione». Il Parlamento e l'Unità, però, hanno dimenticato che l'omosessualità ha nel proprio nome proprio il rifiuto della diversità e dunque, almeno oggettivamente, è un caso di sessualità dimezzata e, quindi, di povertà.

PRECISAZIONE
Domenica 30 novembre 2008, in questa rubrica, sotto il titolo «Lessico filosofico», avevo messo in rilievo alcune espressioni di un articolo sul «caso Englaro» apparso il giovedì precedente su Liberazione, a firma di Sergio Bartolommei.
Le mie considerazioni si concludevano con un interrogativo: «Mandereste vostro figlio a lezione di filosofia di questo personaggio?».
Da queste parole il professore Bartolommei, che insegna Bioetica all'Università di Pisa, si è sentito leso, nonostante le mie intenzioni, nella sua dignità personale e nel suo ruolo di docente universitario. Non ho difficoltà qui a confermargli il pieno rispetto della sua dignità e del suo ruolo e la validità, anche nel futuro, della norma che prevede un civile confronto tra posizioni divergenti.
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