sabato 5 settembre 2009
Abbiamo visto sulla stampa parole come queste: «Violentata la mia vita». Parole gravi, vorrei dire disperate perché la violenza peggiore non è quella consumata sul corpo, ma sullo spirito. È quella che in poche parole in bianco e nero fanno scoprire come sfilacciato il tessuto di una vita. Quante volte ci siamo trovati lettori distratti di accuse difficili da essere difese, di ricerche affannate di prove che siano accettate da chi accusa, a qualcosa che dia ragione alla propria verità. Ci siamo così abituati in questi anni di polemiche e di offese personali o verso situazioni al di fuori delle ragioni politiche e civili che non sappiamo più distinguere quale sia il confine che divide la sfera pubblica da quella familiare. Se è vero che l'onestà di una vita dovrebbe essere dello stesso peso in tutti e due i casi, altra cosa è erigersi a giudici quando questo non sia il nostro mestiere. Chi legge la stampa di colore politico o chi si lascia condizionare dai media incomincia sia a sentirsi al di sopra di questa povera umanità o ad avere paura nel trovarsi forse un giorno oggetto di quella curiosità che potrebbe diventare uno scoop giornalistico. Ci viene in mente l'evangelico: chi è senza peccato lanci la prima pietra. Sulle pagine dei nostri giornali, anche a volte su quelli di lingue europee, la prima pagina è quasi sempre dedicata ai presunti scandali, prima ancora che, anche in casi importanti, la magistratura sia arrivata alle sue conclusioni. Non siamo più abituati a quella educazione del leggere che un tempo dava spazio alle interpretazioni personali di un fatto lasciando ad ognuno la responsabilità del proprio giudizio. Questo martellare di continuo sui possibili o immaginari difetti di uomini politici o di gente che per lavoro occupa un posto di pubblica utilità ci consegna ad uno stile di vita pieno di incertezze in modo che ognuno presume di potersi comportare a seconda delle proprie necessità, dimenticando che esistono principi e valori cui uomini civili sono tenuti a comportarsi senza sconto alcuno. A chi soffre ingiustamente vorrei ricordare che anche De Gasperi venne accusato a grandi pagine di aver scritto una lettera su carta intestata del Vaticano, chiedendo agli alleati di venire a bombardare Roma. In realtà dove egli stesso viveva! Per fortuna nel processo da lui stesso intentato a sua difesa, ci furono testimonianze certe, altrimenti se contro le accuse ci fosse stata solo la sua parola d'onore pur essendo un uomo che a difesa dell'Italia aveva messo in gioco la propria persona, più difficile sarebbe stata la fine di quella avventura. Anche allora chi si voleva colpire? Un partito, un uomo di governo, o il Vaticano stesso? Mio padre ne uscì a testa alta, ma con il cuore ferito. Popolo italiano dove sei? «Aveva mormorato durante il processo».
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