martedì 13 maggio 2014
L'avventura della loro vita è appena cominciata. Sono quattro gemelli, tre maschi e una femmina, hanno sei fratelli, sono nati a gennaio in un campo per rifugiati, messi insieme sulla bilancia non pesavano 6 kg e nei primi concitati momenti della nascita hanno avuto per nome solo un numero: 1, 2, 3 e 4. I piccoli oggi crescono bene, si chiamano Aboubakrine Ag, Fatim Walet, Ousmane Ag e Oumar Ag, di loro si prendono cura mamma e papà, i fratellini e le sorelline, e il personale di Medici senza frontiere che lavora nel campo di Mbera, in Mauritania. Ci piacerebbe un giorno poter raccontare come finirà, per loro e per la loro famiglia. Se il papà Massaya, contadino senza ormai più terra, riuscirà a realizzare il sogno di tornare in Mali e ricominciare tutto daccapo, aprendo una sartoria per la moglie Taghri. Se Taghri, che sa cucire così bene con le mani delicate, invecchierà circondata dall'amore dei suoi dieci figli. Per adesso conosciamo solo l'inizio della storia: Massaya e Taghri che lasciano il loro Paese portando con sé quasi nulla, perché la cosa più importante era che Taghri fosse incinta. Poi l'arrivo nel centro sanitario e l'ecografia che rivela i quattro gemelli. La loro nascita da rifugiati, in mezzo ai 57mila fuggiti dal conflitto in Mali. «Queste nuove vite – per Frederic Manantsoa, capo missione di Medici senza frontiere – sono un segno di speranza». Una speranza moltiplicata per quattro (la fotostoria su Avvenire.it).
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