sabato 2 novembre 2019
Dove è la sezione D? Cammino e cammino tra piccole aiuole di prato appena tagliato e chiedo di nuovo: scusi, dove si trova la sezione D? «Sempre dritto, poi a destra». Grazie, è un labirinto questo ospedale, quasi una intera città dove vecchie costruzioni si alternano a nuovi edifici e larghe strade appena terminate incrociano le più vecchie troppo strette per le moderne ambulanze. Un numero infinito di macchine passano veloci tra una costruzione e l'altra mentre una quantità di gente incerta va a cercare il numero di reparto che le hanno indicato adatto alla sua richiesta. E ti accorgi allora che sei da questa parte del muro dove c'è un mondo di dolori da sopportare, di speranze da richiedere, di risposte da attendere. Di media altezza, chiuso da un semplice cancello di notte e aperto nelle ore del giorno, esso raccoglie il pianto della città. Quando entri sei in un altro mondo e quasi ti senti ingiustamente diverso a chi ti passa accanto o siedi nella stessa stanza dove tu richiedi solo delle risposte per un amico. Il silenzio avvolge chi attende il proprio turno ed anche chi è accompagnato parla sottovoce, come un rispetto per il dolore. Se hai tempo per aspettare il tuo turno ti troverai ad esaminare chi ha richiesto le risposte dei propri esami, delle visite fatte o di essere chiamato per un primo colloquio. Imparerai a leggere sui visi il segno della paura, dell'incertezza e a volte il desiderio di andarsene via e lasciare tutto senza risposta. Ma c'è anche chi tiene per mano il proprio familiare che ha paura, chi riesce a regalare un sorriso alla donna con i capelli grigi che non ha nessuno che l'accompagna, chi racconta piano il proprio dolore, ma non dimentica la speranza che le ha offerto il medico qualche giorno prima. Tra queste mura c'è il racconto della città, di chi ha vinto e
di chi ha perduto, della ricchezza e della povertà, dell'onesta di chi ha governato e dell'egoismo di chi non si volta a guardare dietro di sé, di coloro che mettono via denaro al di sopra delle proprie necessità e non si fermano ad asciugare le lacrime di chi ha il dolore come compagno della propria vita. Dentro queste mura ti accorgi come l'intelligenza dell'uomo sia più attirata dalle imprese che richiedono fantasia e coraggio e quindi visibilità comune, piuttosto che la silenziosa costanza e la fatica di ogni ora dedicata alla ricerca del bene da condividere con tutti. Ma in questi corridoi bianchi c'è anche la pazienza, l'amore, l'altruismo di chi, indossato il camice bianco, non pensa più a se stesso, ma si prende carico del dolore altrui e sa regalare un sorriso a chi ne ha bisogno, leggerezza a chi ha paura, familiarità a chi è solo. Io credo che il dottore, l'infermiere, la dottoressa e l'infermiera e tutti coloro che stanno vicino a chi soffre hanno la compagnia di un angelo in più alla sera quando vanno a dormire.
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