mercoledì 26 settembre 2012
Profezie sul futuro e racconti sul passato, rigorosamente laici, ma con pretese in tema di religione, e ovviamente di religione e Chiesa cattolica. Alla prima ha pensato su "L'Espresso" (13/9, p. 162) Eugenio Scalfari – già oggetto ieri in questa pagina di altre considerazioni del direttore –: «Perché Martini non sarà santo». Porta le sue ragioni, Scalfari, convinto della loro fondatezza, ma forse – al di là del suo personale giudizio su un uomo, un prete, un vescovo della Chiesa cattolica, un po' di prudenza non guasterebbe. Nella storia della Chiesa le ragioni di prevedibilità, e proprio a proposito di santi, sono state spesso rovesciate. Basterà pensare a san Tommaso d'Aquino, a suo tempo dichiarato eretico da un paio di sinodi locali, o a Gerolamo Savonarola, la cui storia la dice lunga sulle previsioni dall'interno della Chiesa, e figuriamoci dall'esterno. Questo per il futuro. Invece su "Repubblica" (24/9, p. 15) al passato pensa Claudio Tito, che all'interno di un articolo in cui – insolitamente per lui – si occupa di cose di Chiesa, sistema anche quello che per lui è un fatto relativo a Giovanni XXIII. Eccolo: «Quando fu nominato vescovo da Pio XI» il futuro Giovanni XXIII «si lamentò per l'incarico di andare in Bulgaria. E un altro collega, accanto, gli disse: "Ma che ti importa? Ti ha fatto vescovo"». Basta conoscere un po' la vita di Papa Giovanni per sentire odore di falso. Infatti la verità – tutto scritto, tutto documentato da decenni – dice proprio il contrario: Roncalli in totale umiltà e obbedienza accettò l'incarico che era stato rifiutato da un altro ecclesiastico nella poco importante Bulgaria. E allora? Allora una raccomandazione. Talora in pagina le certezze, fuori dal consueto campo spesso fatto di chiacchiere e "si dice", dovrebbero essere accompagnate dallo scrupolo di conoscenza e professionalità.
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