Quando le immagini del Messale erano visibili solo ai sacerdoti
venerdì 4 settembre 2020
Non sono il solo, credo, a tenere, più o meno metaforicamente, una lista nella quale annoto i meriti e i demeriti che la Rete va quotidianamente accumulando per come si occupa della fede cristiana e della vita ecclesiale. Colloco senz’altro tra i primi la pubblicazione fatta da “Aleteia”, con un post di Giovanni Marcotullio ( bit.ly/34ZJ99N ), di tutte le immagini con le quali il pittore Mimmo Paladino accompagna «in modo discreto e suggestivo» il nuovo Messale romano in lingua italiana, la cui prima copia è stata presentata a papa Francesco lo scorso 28 agosto e che entrerà obbligatoriamente nell’uso liturgico dalla prossima Pasqua. L’autore del post dice bene: le immagini sono ciò che nel Messale «potreste non conoscere mai, non essendo soggetto a lettura né a traduzione drammatica»; poiché sta «prevalentemente (se non esclusivamente) davanti al sacerdote e/o sull’altare», esso è infatti «sempre sottratto allo sguardo dell’assemblea». Ecco allora che, per le comode vie digitali, diventa accessibile e godibile qualcosa che, se non siamo preti né esercitiamo alcun servizio che abbia direttamente a che fare con la liturgia, non avremmo mai visto. Contribuendo ad avvicinare il nuovo Messale a tutta l’assemblea, come comincia benissimo a fare lo stesso Marcotullio con il «pretesto» di presentare in generale e commentare una per una le immagini, e riservandosi nell’un caso e nell’altro la propria libertà di giudizio. Concordo con lui quando mostra di apprezzare particolarmente tre tavole: quella che introduce «sapientemente» le messe per i defunti, quella che ritrae Maria assunta in cielo con un tratto di «virginea modestia» e quella, «tra le più suggestive», posta all’inizio della Quaresima: «Il profilo di una persona a fronte bassa, meditabonda, che si rivolge alla propria interiorità e torna a scoprirsi bisognosa di redenzione».
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