martedì 2 novembre 2021
Tutto, alla fine, ruota attorno alla libertà. Una libertà talvolta ridotta ad arbitrio. Una libertà senza gli altri, senza responsabilità, senza conoscenza. Una “libertà ignorante”. Di fronte ai manifestanti no-pass che a Novara sfilano travestiti da deportati ad Auschwitz tutti i quotidiani si indignano, senza eccezioni. Tenta maldestramente di giustificarsi l'organizzatrice Giusy Pace. Ad Agostino Gramigna e Floriana Rullo del “Corriere” (1/11) replica: «Noi non siamo gli ebrei, siamo solo una nuova minoranza». E a Sarah Martinenghi della “Repubblica” (1/11): «È un fraintendimento. Non volevamo accostarci agli ebrei, ma in generale ai deportati». E quei pigiami a righe? I numeri sul braccio? E quanto riferisce Patrizia Tagliaferri sul “Giornale” (1/11)? «“Noi come gli ebrei ad Auschwitz”, si leggeva sui cartelli»? Anche “Libero” (1/11) non ha sfumature. Titolo: «Follia No vax, si truccano da deportati». Scrive Benedetta Vitetta: «Quasi come fosse un costume di Halloween». Corrado Augias sulla “Repubblica” (1/11) parla di «oscena manifestazione» causata, forse (interpretazione benevola) da «ignoranza». Lo stesso aggettivo viene usato nel titolo di prima pagina dal “Giornale” (1/11): «L'oscena sfilata di No Pass che infanga la memoria della Shoah». La “Stampa” dà voce (1/11) a Edith Bruck, intervistata da Grazia Longo: «Trovo aberrante rievocare quel dramma per protestare contro il Green Pass». Drastica Fiamma Nirenstein sul “Giornale” (1/11): «Se c'era bisogno di rivelare la volgarità, l'ignoranza, il disprezzo per la libertà e anche per la vita umana già peraltro contenute nelle posizioni antivaccino, beh, stavolta lo spettacolo è plateale». E Naomi Di Segni, presidente Ucei (“Stampa”, 1/11): «Libertà d'espressione? Un abuso e un oltraggio intollerabile». La sintesi può essere affidata a Elena Loewenthal (“Stampa”, 31/10): «Che fare allora? Non stupire, schifarsi ma soprattutto interrogarsi su come sia potuta succedere, questa invasione di stupidità, di noncuranza e di scempiaggine, in questo nostro tempo che dovrebbe essere civile ma troppo spesso non lo è».
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