sabato 12 novembre 2016
Occuparsi di etica e impresa ha molti risvolti positivi. Il primo riguarda la possibilità di lavorare su modelli che rappresentano una risposta concreta alla complessità attuale; il secondo è il piacere di incontrare persone di grande competenza e umanità: Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica, è una di queste.
Ho avuto la fortuna di conoscere Ugo in occasione della sua prefazione al mio ultimo libro Un'impresa possibile e mi ha colpito la coerenza tra il suo essere a capo di una realtà unica nel panorama della finanza italiana e ciò che lui è e fa. Ne riparlo volentieri mentre siamo a tavola con alcuni dirigenti della banca, nella pausa di un incontro di formazione. «L'etica – ribadisce Ugo – prima di essere una strategia aziendale è una scelta individuale, una tensione positiva che dà senso ad ogni nostra azione. L'agire etico diventa possibile in azienda solo quando ciascuno ne fa propri i valori perché non nasce da un calcolo ma da una libera scelta. All'origine di Banca Etica ci sono state persone che hanno voluto realizzare un modo diverso di fare impresa in un settore così delicato, con l'obiettivo che la banca divenisse un motore reale nello sviluppo di un territorio attraverso la gestione corretta del risparmio e la creazione di un valore sostenibile».
Conosco tanti responsabili dell'Istituto e "sento" nelle loro azioni questa diversità, frutto dell'aver posto alcuni valori etici alla base della strategia stessa della banca. «Per noi la cooperazione è la vera sfida – riprende Ugo – perché si muove verso due direzioni fondamentali: una interna, orientata a chi collabora con noi, perché possa dare il proprio contributo allo sviluppo dell'organizzazione e una esterna, il mercato, grazie alla capacità di fare bene il nostro lavoro di gestori del risparmio per dirigerlo con competenza verso il bene comune. Divenire una "banca diversa" in un momento di crisi del settore ha voluto dire tornare ad essere i custodi del risparmio delle persone e delle realtà produttive, perché la ricchezza prodotta possa avere una funzione sociale. Il nostro obiettivo è far crescere una concezione mutualistica del risparmio che riguardi sia lo spazio che il tempo perché ci sono tante aree nel mondo dove serve ancora generare sviluppo e vogliamo farlo offrendo opportunità alle nuove generazioni».
Cosa avete fatto, chiedo, per ottenere questi risultati e consolidare la vostra posizione in un mercato così difficile? «Tante attività tra cui la creazione della figura dei "valutatori sociali", persone vicine alla banca, conoscitori attenti di ogni territorio e in grado di operare attraverso nuovi strumenti di analisi del credito, come ad esempio il Report integrato: un documento che aggiunge numerose informazioni a quelle del bilancio di esercizio e ulteriori "indicatori sociali" che ci aiutano a conoscere meglio le realtà con cui collaboriamo, la loro strategia di breve e lungo termine e la compatibilità dei loro progetti con i nostri valori. Grazie a questo lavoro abbiamo raggiunto un tasso di crescita che da anni nell'erogazione del credito supera il 5% annuo e una percentuale di sofferenza lorda del 2,7% contro il 10% del sistema bancario italiano. E abbiamo contribuito a creare opportunità di lavoro in zone dove da tempo altre banche avevano cessato di operare, riuscendo così a creare un doppio valore per il nostro lavoro».
Penso ad altre banche, a come sono stati gestiti altri risparmi e alla fine che hanno fatto i risparmiatori e le stesse banche. Forse fare finanza in modo etico non è soltanto una scelta morale, forse sta già diventando strategia.
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