venerdì 24 settembre 2004
Controsensi: di comodo e ideali. Malpelo non ce l'ha con "Repubblica", ma vi trova spesso, soprattutto nello storto, la sintesi di ciò che siamo. Ieri (p. 18) un noto Autore - qui non lo nomino perché sia chiaro che il rimprovero non è personale - scrive stigmatizzando "la pessima televisione che abbiamo noi". Puoi anche condividere, ma poi pensi che da venti anni lui, i suoi amici e compagni di idee, di partito e di orientamento culturale hanno in mano gran parte della Rai, ne sono presidenti, direttori, autori, registi, interpreti, presentatori, invitati ecc. - potrei fare un elenco di mezza pagina - e che egli stesso è uno dei giornalisti, autori, presentatori e commentatori più presenti in Tv degli ultimi anni""La pessima tv che abbiamo noi" sarà anche un giudizio vero, ma forse è il caso di usare qualche prudenza, quando chi lo pronuncia vi è dentro fino ai capelli. È un controsen-so pratico, o no? E c'è anche quello teorico. Sempre ieri, sempre "Repubblica", grande titolo per l'intera p. 28: "Donne, l'infedeltà ora è un diritto". Con spiegazio-ne in sommario: "Boom di tradimenti femminili, il senso di colpa non c'è più". Ci sarebbe qualche riflessione da fare, sulle cause, sugli effetti, e sul fatto che dalla storia e dalla preistoria risultereb-be che - si fa l'esempio di alcune tribù indigene del Brasile - si sta tornando ad un'epoca remota e certo non progressista, in cui "il concetto di fedeltà non esiste". Una pagina a metà tra costume e storia, apparentemente di registrazione dati, ma con trasparente tono positivo, quasi un inno alla "libertà finalmente" conquistata. Con questo "progresso" si torna "tribù". Non è un controsenso?
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